Forse contagiato dai mutanti che gli danno la caccia per tutto il film Io sono leggendal’attore americano Will Smith si presenta alla stampa romana ululando a gola spiegata. Ma non è il rimbombare delle sue grida laceranti a imbarazzare i giornalisti ormai avvezzi a questo suo curioso modo di presentarsi, bensì il dover fare a lui, al regista Francis Lawrence e allo sceneggiatore e produttore Akiva Goldsman che lo accompagnano, domande su una pellicola che non ha convinto molti di loro per certe scene e dialoghi, assurdi anche per un film fantascientifico incentrato sugli effetti speciali. Eppure in America da metà dicembre ha incassato 230 milioni di dollari, 170 milioni nel resto del mondo dove è già in programmazione e staremo a vedere cosa ci aggiungeremo noi dall’11 gennaio quando la Warner Bros italiana lo distribuirà in ben 513 copie. Will è convinto che la cosa speciale che produce nello spettatore questa versione del film (tratta dall’omonimo romanzo anni ’50 di Richard Matheson e dalla sceneggiatura del ’72 del film 1975: Occhi bianchi sul pianeta terra di John e Joyce Corrington) sono le due paure che attanagliano da sempre l’essere umano: quella di restare il solo uomo nel mondo senza saper cosa fare e il sapere che c’è qualcuno acquattato nel buio che aspetta solo di farti del male. E lui, ormai quasi votato alle interpretazioni angoscianti (a luglio uscirà un nuovo film in cui sarà un antieroe alcolizzato e trasandato), stavolta è Robert Neville, brillante scienziato unico sopravvissuto in una spettrale New York del 2012, alle prese con un terribile virus creato dagli esseri umani per curare il cancro ma che ha sterminato tutta l’umanità lasciando in vita solo pochi esseri contagiati e trasformati in licantropi che di notte escono dalle fogne a caccia di carne e sangue freschi e che lui vorrebbe riportare alla normalità. Cosa lo ha convinto a fare questo film? “L’idea di poter creare un film concentrato su un personaggio – risponde l’attore -. Gli effetti speciali sono stati un’enorme aggiunta alle precedenti versioni del film – aggiunge -, l’idea che qualcosa muoia ma poi rinasca più che di speranzoso di questi tempi sa di vero. L’idea originale del libro si ritrova di più nei precedenti film, qui non c’è un cattivo, c’è più spazio per la performance, per un one man show con scene senza dialogo che puntano sui comportamenti”.
Non rimpiange la commedia? “Mi piace divertirmi con la gente, ho bisogno di energia positiva per andare avanti quando c’è qualcosa che mi tira giù. Mi sono perduto nei momenti brutti del film, in quello spazio mentale, sul set – racconta- facevo di tutto per mantenere alta la mia energia”. Con Gabriele Muccino l’avrebbe fatto un film così? “Gabriele è a Los Angeles per preparare 7 Pounds, il nostro prossimo film col quale vogliamo lasciare un altro segno”. Per far felice il figlioletto (attualmente impegnato su un set canadese con Keanu Reaves) realizzerà un film su Karate Kid: “Da due anni segue corsi di arti marziali, vorrebbe che facessi questo film, sto cercando di realizzare questo suo sogno – conferma Will -. Lui interpreterà il bambino ma io sarò solo il produttore”. Come mai invece non riesce a fare un film col suo amico Tom Cruise? “Ci terremmo tanto, siamo molto amici, abbiamo cercato di trovare un progetto in cui lavorare insieme, forse Gabriele potrebbe creare una ideuzza”. Chi ha avuto l’idea di mettere come colonna sonora la musica di Bob Marley? “Una sera facevo un giro su Internet – spiega Will -, è uscito l’album di Marley Legend, l’ho scaricato, non riuscivo a credere quanto i temi fossero legati a quelli del film”. Molto hanno fatto gli effetti speciali ma per rendere questo scenario post-apocalittico il più reale possibile hanno svuotato da ogni essere umano interi quartieri, riempiendo le strade di macchine abbandonate, cespugli e erbacce che spuntavano dall’asfalto ricoperto da strati di fango. Il blocco totale di macchine e pedoni tra Madison e Sixt Avenue per diversi week end ha coinvolto centinaia di assistenti alla produzione, vigili urbani e funzionari comunali. “Ti rendi conto che in tutta la tua vita non hai mai vista New York vuota, è un’immagine forte” racconta Smith . Ma la gente come l’ha presa? “Erano arrabbiati per avergli bloccato la città. Mi facevano segno col dito medio della mano e io credevo che dicessero che ero il numero 1!”.
di Betty Giuliani