Per avvicinare all’Africa anche i bambini più piccoli il 21 dicembre arriva nei cinema il cartoon Kirikù e gli animali selvaggi distribuito con circa 150 copie da Mikado. Un inatteso secondo episodio di questa fiaba africana a lieto fine, ricca di buoni sentimenti e priva di effetti speciali, ideata da Michel Ocelot che l’ha diretta con Benédicte Galup. Protagonista è sempre Kirikù, un bimbo africano piccino piccino ma molto saggio che eroicamente tiene testa alla strega cattiva Karabà salvando la sua tribù, stavolta anche dall’attacco di belve feroci. Per diffondere tra gli studenti una conoscenza di base sui gravi problemi che affliggono il magnifico Continente Nero e aiutarli a crescere con un’idea multiculturale, Mikado proietterà questa pellicola in ottanta scuole romane, dall’infanzia alle superiori che hanno aderito al progetto del Comune “Le scuole di Roma per l’Africa”. E altri 3 film (Hotel Rwanda sul genocidio, L’incubo di Darwin, sullo sfruttamento perpetrato dall’Occidente, Delwende, sulla dura condizione femminile nelle zone rurali), devolvendo metà degli incassi ad aiuti concreti per i bambini dei paesi più poveri del continente africano. «Non avevo intenzione di realizzare un altro film su Kirikù – racconta Ocelot – ma il mio piccolo eroe ha imposto la sua presenza. Ho continuato sulla strada adottata in precedenza, scegliendo scenografie lussureggianti, aggiungendo uno spazio africano e condendo il tutto con musica stupenda grazie alla collaborazione di Manu Dibango e di Youssu N’Dour, che canta sue canzoni vecchie e nuove». In tempi di tridimensionale e super effetti speciali il suo bimbetto piccino ma tenace e la sua tribù, disegnati in due dimensioni con tratti essenziali, sembrerebbe perdente contro i nerboruti supereroi partoriti dai videogiochi che monopolizzano milioni di ragazzini. Invece il primo episodio (Kirikù e la strega Karabà) incassò tre stagioni orsono solo in Italia oltre due miliardi di lire e ora il secondo in Francia ha tenuto saldamente testa al gettonatissimo Chicken Little.
Ocelot non si è lasciato prendere la mano dalle nuove tecnologie: «Faccio ciò che sento, senza calcolo, nelle mie scelte artistiche, non seguo le mode. Ho puntato su un bimbo di colore perché in settant’anni di film d’animazione non c’è mai stato un protagonista nero». Da piccolo viveva in Guinea: «Ho ricordi magnifici, volevo condividergli con gli altri. Ho scelto una bella storia africana con questo bambino così determinato, fantastico per i piccoli spettatori». Arrivati i finanziamenti per il secondo film ha deciso di occuparsi della regia. «Mi sono avvalso di quattro persone per trovare le idee per queste nuove quattro storie ma ho scritto io sceneggiatura e dialoghi, le ho fatte diventare storie africane, perché Kirikù sono io e solo io posso farlo parlare. Ho fatto omaggio alla bellezza di quella terra, sottolineando l’importanza dell’acqua, della famiglia, del lavoro di donne e bambini, valori universali. Anche la strega cattiva l’ho disegnata bella per difendere le donne rifiutate». Però seni e sessi nudi hanno scontentato i paesi anglofoni. «Nessuna provocazione – spiega il regista – era naturale così, senza mutande e reggiseno, eppure a Londra i giornalisti hanno disertato la mia conferenza stampa. Non credo fossero infastiditi dalla nudità ma dal fatto che si possono fare bei film d’animazione anche fuori dalla Gran Bretagna, dove però poi ho ricevuto parecchi premi». Chiuso per sempre il capitolo Kirikù sta preparando un altro film che non piacerà Oltremanica, con in primo piano i seni di una donna di pelle scura che allatta un bimbo biondissimo. «Voglio celebrare la cultura islamica con una favola ambientata nell’alto Medioevo, parlata in parte in lingua araba e non doppiata, titolo Azzurro e Asmar, soggetto essere un immigrato e non essere capito. Simbolo l’Occidente che succhia il latte della civiltà dall’Islam, credo che abbiamo preso moltissimo da loro». Sarà pronto per il prossimo festival di Cannes e arriverà in Italia a novembre.
di Betty Giuliani