Una commedia divertente, che unisce la satira corrosiva alla profonda riflessione sull’animo umano e sui valori sociali. Tartufo di Molière, in scena al Teatro Quirino di Roma dal 16 al 21 novembre, offre una visione audace e contemporanea che sottolinea la crisi della nostra società moderna dilaniata tra materialismo senza senso e spiritualità fanatica. Giuseppe Cederna veste i panni di Tartufo, emblema dell’ipocrisia, che indossa la maschera della devozione religiosa e della benevolenza per raggirare e tradire il suo sprovveduto e ingenuo benefattore Orgone, interpretato da Roberto Valerio, che cura anche l’adattamento e la regia dello spettacolo. E’ dunque un arrivista che veste i panni del virtuoso in odore di santità e Orgone è colui che gli regge lo specchio in un gioco di oscura manipolazione e dipendenza affettiva. “Tartufo è scaltro, affascinante, pericoloso – spiega Valerio -; i suoi gesti e le sue espressioni tradiscono una natura sanguigna, depravata, oscena, naviga nelle acque irrequiete della dissimulazione oscillando tra un’affettata eleganza e una grezza materialità. È sensuale e inquietante, tanto da ricordare qualcosa di diabolico, di sinistro”.
All’epoca in cui Molière scrisse l’ opera, i suoi obiettivi chiari erano i bigotti che usavano il rigorismo religioso come facciata per nascondere i loro empi comportamenti. La battaglia era tra la verità e l’inganno, l’onestà e l’ipocrisia. Ora, 350 anni dopo, Tartufo non può più essere un semplice impostore. È un profeta anticonformista, un guaritore, un guru fanatico, che denunzia, maledice e combatte (in apparenza) contro un mondo di materialismo, consumismo, lassismo, dissolutezza, permissività e amoralità. Questo angelo oscuro o demone pietoso irrompe in una famiglia borghese benestante, la sconvolge completamente, prende il controllo, la castiga, la rivoluziona, la assorbe.
“Porteremo sulla scena, attraverso una rappresentazione giocosa delle tensioni sociali, politiche, familiari, l’esistenza umana, coniugando diversi registri in una polifonia di strati di senso, ora amari ora pungenti, che ci seducono, ci divertono e che ci parlano, nondimeno, con grande urgenza- continua il regista -. Esplorare la modernità di questo classico intramontabile, per farne uno spettacolo popolare.Uno spettacolo in cui sarà divertente rovesciare, confondere, sconvolgere, sovrapporre bene e male, in una promiscuità di temi, caratteri e intrecci che nascondono, dietro i rumorosi ingranaggi della commedia, un riso amaro.”