In sala dall’11 aprile la prima regia di Luigi Lo Cascio
«L’essere umano va sempre in cerca della vittoria, quasi mai della verità». Va dritto proprio in quella direzione il film La città ideale, nelle sale dall’11 aprile, opera prima da regista dell’attore palermitano Luigi Lo Cascio che l’ha anche scritta e interpretata insieme a uno stuolo di suo parenti, tra cui il bravissimo zio, Luigi Maria Burruano, e la sua vera madre, Aida Burruano, da lui “costretta” a interpretare il ruolo di sua mamma.
Figlio d’arte (o meglio, nipote) già apprezzato come attore, Luigi non delude neppure in questa nuova, complessa prova: un denso thriller psicologico a sfondo morale. Protagonista l’architetto Michele Grassedonia, fanatico ecologista trasferitosi da Palermo a Siena, considerata la città ideale, che dopo uno strano incidente si troverà coinvolto in una vicenda al limite dell’incredibile che ruota intorno alla ricerca della verità. «È un film sulla verità – conferma Lo Cascio -, che è il pretesto per il protagonista di questo giallo di trovare la sua verità personale attraverso eventi pieni di ombre che lo costringono a scoprire cose di sè rimosse». L’attore-regista spiega che ha voluto interrogarsi, senza essere fazioso, sulla giustizia, sviscerarne le ragioni senza prese di posizione preconcette. «È un film ‘archeologico’ su un uomo che traballa davanti a un magistrato, non sa trovare le parole – spiega -, e io lo preferisco a chi affronta la giustizia con spavalderia pensando di possederla».
Non nega di aver subito l’influenza di Kafka. «Ho portato le mie passioni nella sceneggiatura, è un autore a me caro, col suo tema ricorrente sulla legge, le sue atmosfere, i suoi aforismo sulla ricerca della verità». Il personaggio di Grassadonia se l’è cucito addosso: «Ho molto in comune con lui: la madre, ho fatto recitare la mia, i vestiti, ho usato nel film quelli che porto sempre e le foto, che ritraggono mio padre marciatore».
La ricerca della città ideale per Lo Cascio è la dimostrazione che non ci bastiamo: «S’incarna con le nostre passioni sconosciute e per il protagonista è il sogno di purezza». È convinto che Siena sia la città ideale: «È l’archetipo di realtà urbana a misura d’uomo – sostiene – grazie alla suddivisione in contrade, ha persino un teatro nel palazzo comunale. È da sempre orgogliosa della sua storia, aspetti che anche le difficoltà non riescono a cancellare».
Racconta che il film è nato tre anni fa, a Roma, durante un nubifragio. «Una scena apocalittica. Ero imbottigliato nel traffico, mi sono chiesto: cosa può succedere a un uomo che non riesce a fronteggiare le forze della natura quando il caso si abbatte su di lui?». Dell’immagine esasperata degli ambientalisti dice: «Nell’ecologismo gli ideali sono assoluti, separano dagli altri, creano distacco invece che unità e il film racconta anche la solitudine del protagonista. Non lo critico, l’ecologismo mi sta molto a cuore, ma lui è contro ogni sviluppo, anche se sostenibile». Del processo dice: «È la cosa più vicina alla verità che l’uomo abbia saputo inventare».
La signora Burruano non aveva velleità artistiche. Ma ha ceduto alle insistenze del figlio. «Mi sono sacrificata per amore, Luigi ha insistito tanto e poi sul set mi ha massacrata. Ero preoccupata perché a casa è molto disordinato, mi ha sorpreso che sia riuscito a fare il regista, un mestiere che richiede ordine, disciplina. Io pregavo, pregavo, per me ha superato la prova con la sufficienza!». Il produttore Angelo Barbagallo, ringrazia quanti hanno contribuito alla realizzazione del film (costato due milioni e 200 mila euro) tra cui Rai Cinema, il Mibac, le regioni Lazio e Toscana e il Monte dei Paschi di Siena, finito di recente nella bufera. «Partner preziosi, perfetti e appassionati – dice – che grazie alla legge sul tax credit recuperano sulle tasse il 40% di quanto hanno investito. È stato un gran dolore ciò che è poi accaduto al MpS». Lo Cascio non spiega il finale: «Non voglio blindare il film, che chiude infatti con una domanda, lasciando al pubblico decidere cosa succederà. Ognuno racconterà se stesso, identificandosi nella vicenda».