Una giovane donna di provincia, che ha lavorato sodo da anni per farsi largo nel maschilista mondo del cinema. Maura Delpero ha vinto il Leone d’Argento a Venezia e ora il suo Vermiglio è il film che l’Italia candida alla selezione per l’Oscar come migliore film internazionale Ha avuto la meglio su altri 18 titoli, tra cui il favorito Parthenope di Paolo Sorrentino, che si è detto «sinceramente contento» della decisione. Concorrerà per la shortlist che includerà i 15 migliori film internazionali selezionati dall’Academy, che sarà resa nota 17 dicembre. L’annuncio delle nomination è previsto per il 17 gennaio 2025, la cerimonia degli Oscar sarà il 2 marzo 2025.
Romanzo d’appendice della documentarista di Bolzano, 48 anni, al suo secondo film dopo Maternal del 2018, è una storia di montagna, ambientata nel piccolo paese di Vermiglio, poche centinaia di abitanti nel Trentino, nella Val di Sole, tra il 1944 e il 1945. Un mondo solo sfiorato dalla guerra. Il film racconta dell’ultimo anno della seconda guerra mondiale in una grande famiglia e di come, con l’arrivo di un soldato rifugiato, per un paradosso del destino perda la pace, nel momento stesso in cui il mondo ritrova la propria. Le bombe sono lontane, un equilibrio solo apparente lega le emozioni, che sono tutte trattenute, dissimulate, nascoste, ben sottolineate dalle musiche di Chopin e Vivaldi. Un melodramma a tinte fosche, recitato in un dialetto così stretto da richiedere i sottotitoli, in cui a esplodere non sono le bombe ma i sentimenti. L’armonia della natura cela dolori profondi e disillusioni.
Abbiamo raccolto le emozioni della regista poco dopo l’annuncio. “Leggevo che era uno dei titoli favoriti, non so perché, avevo una strana tranquillità, una sorta di fatalismo, sono serena – racconta Delpero -. Il Leone d’ Argento a Venezia è stato un premio importante, sono molto occupata a promuovere il film più che preoccupata. Credo che abbiano scelto il mio film per il linguaggio identitario, per la sua grande integrità. Parla di un passato lontano e recente insieme, getta uno sguardo sulla contemporaneità, su come siamo, su come viviamo, può suggerirci qualcosa. Non c’è nostalgia, né giudizio, ma vuole far riflettere e guardare avanti”.
Il film parla di guerra ma senza guerra. Ha un’angolazione diversa, punta sui fuoricampo, si sente la guerra ma senza colpi di battaglia. “E’ un film che ti arriva il giorno dopo, piano, piano, – commenta la regista -, ho sentito tanto calore nelle sale. Mi ha colpito che abbia interessato un pubblico giovane perché il linguaggio contrasta la contemporaneità dei social”.
Ricorda di aver fatto molta fatica a ricavarsi uno spazio nel mondo patriarcale del cinema: “C’è ancora un grande pregiudizio sulle donne, su ciò che devono fare nella vita, ora c’è un po’più diversificazione. Io, nata in provincia, non appartenente a quel mondo, ora me la godo di più”. Non cede alle facili lusinghe: “Ho ricevuto tanti messaggi belli, sinceri in un settore che sembra un po’ disumano, non dipendo da chi mi osanna o mi denigra, non mi esalto e non mi butto giù, mi interessa continuare a fare ciò che amo con sempre meno limitazioni, che finora sono state tremende”.