Il regista Daniele Luchetti porta nelle sale Chiamatemi Francesco, un film inchiesta sul percorso che ha portato Jorge Bergoglio, figlio di immigrati italiani a Buenos Aires, alla guida della Chiesa Cattolica. Con lo stesso titolo Giorgio Grignaffini ha scritto un romanzo pubblicato da Mondadori, sul viaggio umano e spirituale del futuro Papa, durato più di mezzo secolo, sullo sfondo di un paese, l’Argentina, che ha vissuto momenti controversi.
Quindici settimane di riprese, un montaggio accurato per dar vita a un film “veritiero” e per questo ben accolto in Vaticano, interpretato da Rodrigo De La Serna (Bergoglio giovane) e Sergio Hernandez (nella maturità). Prodotto da Taodue Film di Pietro Valsecchi, totalmente finanziato da Silvio Berlusconi con 15 milioni di dollari e distribuito da Medusa dal 3 dicembre in più di 700 sale italiane per poi migrare in altri 40 paesi del mondo, anche nella versione televisiva in quattro puntate che approderanno tra un anno e mezzo su Canale5.
Valsecchi e Luchetti all’inizio del 2014 sono stati in Argentina per farsi raccontare da chi l’aveva conosciuto chi era quest’uomo venuto “dalla fine del mondo”. La pellicola, sottolinea il regista “non vuole essere un ‘santino’, come nelle agiografie, ma stare dalla parte del personaggio, rispettando la storia di quella tormentata nazione. Non era mio compito fare il punto su quelle vicende –precisa Luchetti-, ma chi vedrà il film si renderà conto di quello che fu un terrorismo di stato che schiacciò una nazione. E che questo è successo ieri”.
“Non è facile fare un film su una persona vivente senza interlocutori, monsignor Caputo ci ha illuminato la strada – spiega Valsecchi -. Non sono un credente ma ho una forte fascinazione per la persona, per la forza rivoluzionaria del suo apostolato”. Malgrado abbia già prodotto due film dedicati a Papa Wojtyla, per Valsecchi questa “è stata l’operazione più difficile della mia carriera. Abbiamo dovuto scegliere i momenti più intensi e significativi di settant’anni di vita che riuscissero a spiegare l’uomo e il pastore – confessa -, una sfida contro tutti”.
De La Serna interpreta Bergoglio dai 25 ai 60 anni. “E’ stata una responsabilità storica enorme calarmi nella sua vita, nella tragedia del mio paese – confida l’attore -. Più che alla somiglianza fisica è stato difficile avvicinarmi a quella interiore, spirituale, emotiva”.
Si parte dagli anni della giovinezza, Jorge è uno studente come tanti, peronista, con una fidanzata e tanti amici. Tutto cambia quando la vocazione lo porterà a entrare, poco più che ventenne, nel rigoroso ordine dei Gesuiti. Durante la terribile dittatura militare di Videla, il giovanissimo Bergoglio viene nominato Padre Provinciale dei Gesuiti per l’Argentina, una responsabilità che in un momento così tetro metterà drammaticamente alla prova la fede e il coraggio del futuro Papa. Jorge nonostante i rischi si impegnerà in prima persona nella difesa dei perseguitati dal regime, ma pagherà un prezzo umanamente altissimo vedendo morire o “scomparire” alcuni tra i suoi più amati compagni di strada. Divenuto Arcivescovo di Buenos Aires continuerà la sua opera di aiuto agli abitanti delle periferie, difendendoli dalle sopraffazioni del potere e promuovendone la crescita individuale e collettiva. Il racconto si conclude con l’indimenticabile serata in cui, in una piazza San Pietro stracolma, il neo eletto Papa Francesco saluterà il mondo con inusuale familiarità.