Da oggi nelle sale il nuovo lavoro del regista slavo
Nessuno è veramente cattivo perché nessuno è veramente buono. È questa l’umanità vista con gli occhi di Danis Tanovic. Il regista slavo, Oscar nel 2002 con No Man’s Land, torna a raccontare l’orrenda guerra fratricida che ha devastato il suo Paese con i toni umoristici della commedia in Cirkus Columbia, dal 27 maggio nelle sale. Il suo scopo è far riflettere attraverso l’insospettabile ma subdolo strumento della risata. E ci riesce perfettamente, puntando sui gustosi, ruvidi e teneri quadretti familiari che si dipanano nel film, tratto dal romanzo funambolico in salsa balcanica del trentenne croato Ivica Djikic, vicedirettore del celebre settimanale politico-satirio “Feral Tribune” e determinato oppositore dei nazionalisti al potere.
Un dramma grottesco dalla satira corrosiva ambientato in un anonimo paesino della Bosnia Erzegovina nel 1991 dove, alla vigilia della secessione nella ormai ex Jugoslavia di Tito, Divko Buntic (uno strepitoso Miki Manojlovic) torna dopo vent’anni d’esilio in Germania per motivi politici, pieno di marchi, auto fiammante, fidanzata sexy e un adorato gatto nero portafortuna. Ritrovati i vecchi amici fascisti tornati a galla dopo la caduta del Comunismo, Divko sfratterà di casa con arroganza l’ex moglie e il figlio ventenne che non ha mai conosciuto, mettendo in subbuglio l’intero villaggio alla ricerca, con lauta ricompensa, dell’adorato micio scomparso.
L’assurdità di un conflitto dalla violenza inaudita che si profila all’orizzonte in modo sempre più incalzante, metterà a dura prova i rapporti di amicizia e parentela tra i semplici ma determinati paesani, in un crescendo di violenza e d’odio che da sempre covavano sotto la cenere. «Gran parte della mia carriera cinematografica riguarda la guerra e le sue conseguenze – spiega Tanovic -. Mentre ero nell’esercito l’ho ripresa per davvero, poi ho girato documentari. Quelle esperienze hanno avuto il loro culmine col mio primo film No Man’s Land. In Triage parlo delle conseguenze della guerra mentre Cirkus Columbia racconta il prima. Lo avevo dimenticato, ho cercato di recuperare quei momenti».
«Il libro non somiglia alla mia esperienza, – aggiunge – ma c’è qualcosa che tocca il cuore di ogni bosniaco e erzegovino, parla della giovinezza perduta e di nuovi inizi, dell’odio che per un periodo sembrava aver ricoperto tutto e dell’amore che non conosce confini». Tanovic usa l’arma leggera della commedia all’italiana per sottolineare il cambiamento profondo della gente comune, dell’uomo della porta accanto che diventa un torturatore, un assassino. «In quel periodo vivevo in Bosnia – racconta – conoscevo già gli eventi e una certa psicologia, ma girare il film me li ha fatti guardare dal punto di vista di altre persone. Decostruire tutte le ragioni astratte per cui si fa la guerra e analizzarle in modo logico permette di capire che le radici di tali conflitti, in genere, affondano nella gelosia, nell’ avidità e nella paura».