“La moglie del poliziotto” di Philip Groning
E’ uscito in alcune sale il 25 novembre, giornata per la lotta contro la violenza sulle donne. Il film di Philip Groning La moglie del poliziotto affronta in maniera forte proprio questo tema di scottante attualità. Dopo la relazione fondamentale tra l’uomo e Dio, scandagliata nel film Il grande silenzio, il regista tedesco tocca ora il tema altrettanto fondamentale dell’amore tra marito e moglie, tra genitori e figli. Tre ore di pellicola (premio speciale della giuria allo scorso Festival di Venezia) suddivise in 59 capitoli, brevi e terribili, che fanno entrare lentamente ma incisivamente lo spettatore nella normalità di una famigliola all’apparenza serena.
Un anonimo paesino di campagna, una giovane mamma presa anima e corpo dalla sua bimba di quattro anni, che ricopre di tenerezza, insegnandole semplici giochi e l’amore per piante e animali. Un papà poliziotto che torna a casa dopo una giornata di monotona routine e dedica alla figlioletta canzoncine e favolette. Un quadretto quasi idilliaco, fino a quando, dopo alcuni capitoli, la mamma compare ricoperta di lividi vistosi, che finge di ignorare per non turbare la serenità della sua bambina. E man mano che il racconto va avanti, vediamo il maritino che, senza particolare motivo, la ricopre di calci e pugni, trascinandola sull’orlo della follia. Il tutto rigorosamente celato tra le accoglienti mura della loro linda e anonima casetta dove, oltre a loro tre, non compare mai altra anima viva.
Un film difficile, ma che ti costringe a restare incollato alla poltrona fino alla fine, lasciata dall’autore aperta a varie interpretazioni, come molte altre situazioni. Chi l’ha visto (anche parecchi giovani) ne è rimasto davvero colpito. “Non si deve sottovalutare il pubblico- sostiene Groning, a Roma per accompagnare il film –, vuole vedere cose che toccano in profondità, non solo storie che non lasciano traccia”. E i suoi film lasciano veramente il segno. Per questo non ha scritto una vera e propria sceneggiatura. “Appuntavo qualcosa su piccoli pezzi di carta – spiega il regista -. Fin dall’inizio ho voluto dividerlo in tanti capitoli perché è una parabola, e poi con una bambina di quattro anni non puoi scrivere troppo, c’è molta improvvisazione, di solito poi dedico un anno o due al montaggio. Col materiale avanzato potrei fare altri venti capitoli”.
Groning voleva mostrare l’amore della madre verso la figlia e tra i due adulti. Ha fatto approfondite ricerche, intervistando molte donne vittime di violenze domestiche. “Ho capito che una relazione distruttiva è sempre anche molto profonda- dice -. Nulla è più violento dell’impotenza dell’amore. Non volevo però mostrare troppo la violenza fisica, lo fa già la tv, è inflazionata. C’è l’atmosfera violenta che diventa sempre più pesante. Le donne non sono mai complici, sono vittime. La società può aiutarle ad aprirsi, per la vergogna non parlano più con nessuno, si chiudono in se stesse. Anche gli uomini che hanno vissuto questa esperienza se ne vergognano, è una trappola profonda, non riuscendo a essere perfetti nei loro ruoli stereotipati non trovano più spazio per se stessi”.
Dopo l’anteprima mondiale del 25 novembre il film arriverà nelle sale con l’anno nuovo per non essere penalizzato dall’invasione dei cinepanettoni. Per l’evento Claudia Bedogni (della casa di distribuzione Satine Film) ha coinvolto le associazioni impegnate in difesa delle donne, per stimolare il dibattito e sensibilizzare sul tema. Non da sola, Amnesty International, Usciamo dal Silenzio, Consultorio Ced, la Casa delle Donne Maltrattate di Milano, Cooperativa Sociale, Cerchi d’acqua, la 27esima Ora e il Comune di Reggio Emilia (che per primo in Italia ha aperto una Casa delle Donne), hanno riconosciuto in questo racconto asciutto, straordinario, le situazioni familiari della quotidianità rotta dagli eccessi di violenza. «Abbiamo ritenuto significativo programmare l’uscita proprio dal 25 novembre per mantenere alta l’attenzione su un fenomeno doloroso della nostra società e rendere lo sguardo del regista, un’occasione di discussione e approfondimento” spiega Claudia Bedogni, che a tale scopo si è proposta di collaborare con associazioni, istituzioni pubbliche e private impegnate nella lotta contro la violenza sulle donne per far circolare il film il più ampiamente possibile in tutte le città italiane, tramite serate evento, organizzate in sinergia con le associazioni, e in sale cinematografiche che possano ospitare i film per una o più serate.