“Per me il manicomio è stato un formidabile punto di osservazione. Malgrado tutta la mia preparazione culturale, ciò che mi ha salvata è stato lo stupore, la capacità di stupirmi, più che arrabbiarmi, di fronte alla perdita di dignità dell’essere umano.” Lo scrisse Alda Merini nel 1994 nel suo “Reato di vita-Autobiografia e poesia”. La sua vita straordinaria e tormentata arriva ora in tv nell’emozionante film Folle d’Amore, scritto e diretto da Roberto Faenza, con Laura Morante, Federico Cesari, Rosa Diletta Rossi, Giorgio Marchesi, Sofia D’Elia Mariano Rigillo, in onda su Rai 1 giovedì 14 marzo.
Non è stato facile fare un film sulla vita della poetessa perché, spiega Faenza presentandolo con il cast alla Rai di Roma “Alda vive ancora nel cuore della gente, dei giovani, come fosse un faro che li guida”. Il regista ha cercato di raccontare come lei sia riuscita a tradurre in versi un immaginario straordinariamente ricco e universalmente riconoscibile. Ha scelto di raccontarne la biografia nei suoi momenti salienti, per farla conoscere come donna e madre (molto amata dalle figlie, nonostante una condotta ben poco convenzionale), prima ancora che come poeta. “Alda ha scritto poesie bellissime che hanno toccato il cuore e l’anima di tanti, seppur vivendo un’esistenza tormentata senza perdere l’ironia e la capacità di amare nonostante i ricoveri psichiatrici – dice ancora il regista -. In lei hanno convissuto l’inquietudine e la vis terapeutica della poesia. Anche per questo motivo è importante raccontare la sua storia al grande pubblico, specie in questo momento di grandi turbamenti”.
“Io la vita l’ho goduta tutta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno. Per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara” diceva Alda, dopo aver vissuto il dramma del manicomio, l’impossibilità di vivere la maternità, le figlie che le furono tolte, ma miracolosamente rimastele legate.
“Lei è nata poeta e, nonostante abbia avuto una vita attraversata da drammi – la sua vocazione non l’ha mai abbandonata – commenta Morante -. È stata la sua una vicenda drammatica, ma anche luminosa. Perché ha avuto la fortuna di incontrare, nell’ospedale psichiatrico, un medico che ha compreso l’importanza della scrittura per lei, non solo dal punto di vista terapeutico”.
All’inizio l’attrice era spaventata all’idea di interpretare un personaggio così importante, una persona realmente esistita che ha avuto un impatto molto forte nella società e nel mondo culturale, perché i punti di contatto erano difficili da trovare, anche fisicamente. “Non ci assomigliamo per niente, io sono toscana e lei milanese… mi sono chiesta come potessi essere Alda Merini. Il regista mi ha tranquillizzata, non voleva una imitazione ma un’interpretazione. Ho cercato la mia via, mi sono concentrata sul ritmo, sulla musicalità del suo eloquio, che è molto speciale. E così sono andata, un passo alla volta ho trovato una vicinanza, una credibilità, una maggiore spontaneità. Saranno gli spettatori a giudicare.
Alda Merini oggi non finirebbe in un istituto psichiatrico e, probabilmente, quel marito che non sapeva come gestirla, sarebbe un po’ più disposto ad accettare le sue stravaganze, il suo rifiuto di allinearsi o adeguarsi a quello che era il modello femminile di quegli anni.