Non è difficile immaginare che le visite alla collezione permanente Mauritshuis a L’Aia prossimamente aumenteranno. Qui è conservato l’originale de La ragazza con l’orecchino di perla(conosciuto anche come Fanciulla con turbante o La gioconda del Nord), capolavoro del pittore fiammigo Vermeer. La scrittrice Tracy Chevalier ne ha avuto un poster in camera sin da quando aveva diciannove anni e, contemplandolo di giorno in giorno, ha cominciato a chiedersi che cosa avesse mai fatto Vermeer per far sembrare la ragazza ritratta così felice e triste nello stesso tempo. Nel giro di poco aveva ben chiara in mente la storia. Ne è nato un romanzo di successo da cui la sceneggiatrice Olivia Hetreed e il regista Peter Webber hanno tratto un film, di altrettanto prevedibile successo. È accaduto così che, prima nel libro poi nel film, la misteriosa fanciulla del dipinto si sia distaccata dalla tela ed abbia assunto un’anima e un’identità. È diventata Griet, una ragazza di diciassette anni di Delft, vissuta nell’ambiente chiuso di una famiglia calvinista fino a quando il padre ha avuto un incidente nel forno in cui cuoceva le famose piastrelle bianche e blu del piccolo borgo olandese. Per mantenere la famiglia Griet va a servizio presso la cattolicissima famiglia del maestro Vermeer.
Nasce tra i due un inconfessato legame fatto di intuizioni sottili della luce e dei colori, di percezione degli spazi, di attrazione fisica a cui non bisogna cedere. A prestare il suo magnifico volto alla fanciulla di Delft è Scarlett Johansson che i cinefili hanno imparato a conoscere sin dai tempi de L’uomo che sussurrava ai cavalli di Robert Redford ma che i più ricorderanno nel recente Lost in Translation di Sofia Coppola. Questa volta Scarlett ha avuto a che fare con un ruolo diverso, fatto più di sensazioni da esprimere con gli sguardi che di parole (pochissime le battute). Peccato che si sia lasciata andare a troppi sospiri e tremori. Colin Firth, già interprete di Shakespeare in Love e Il diario di Bridget Jones, fa rivivere sul grande schermo il maestro Vermeer, uomo schivo e solitario pur nella confusione degli undici figli in casa e che acquista forza solo dipingendo. A loro si contrappongono la gelosia della moglie (Essie Davis), l’avidità della suocera (Judy Parfitt), la lascivia del ricco committente Van Ruijven (Tom Wilkinson). Tutto intorno si anima la società olandese del XVII sec., con le atmosfere cupe delle case dell’epoca, la luce cristallina ma senza calore delle città del Nord, le scene della quotidianità borghese, i costumi,le pettinature, tutti particolari che trasformano ogni scena in un quadro di Vermeer. Un film che è un piacere per gli occhi e l’intelletto e che ha meritato le tre nomination agli Oscar per la migliore fotografia, i migliori costumi e la migliore scenografia.
di Patrizia Notarnicola