Più sei giovane e più sei pronto a giudicare i tuoi genitori, da adulto poi rivedi il tuo punto di vista. Ne è convinto il regista Stefano Lodovichi che dell’argomento ha fatto il nodo centrale del suo film La Sanza, con Camilla Filippi, Guido Caprino, Edoardo Pesche in streaming su Amazon Prime dal 3 gennaio. Un thriller psicologico con sfumature horror che vuole raccontare i rapporti e i delicati equilibri della famiglia d’oggi, svelando minuto dopo minuto e tanti colpi di scena l’animo e i segreti dei tre protagonisti .
Una storia altamente drammatica, tesa e claustrofoica che inizia una mattina piovosa con Stella che sta per togliersi la vita e alla porta bussa uno sconosciuto che sembra conoscerla fin troppo bene. Quando poi in casa arriva anche Sandro, l’uomo che le ha spezzato il cuore, una situazione già complicata si trasforma rapidamente in caos: Giulio, lo sconosciuto, sembra intenzionato a portare alla luce tutti i segreti della casa. Chi è Giulio? Cosa nascondono Stella e Sandro?
“Il film è nato come documentario sugli hikikomori, i ragazzi chiusi in casa. La casa da sempre è uno dei teatri principali dei racconti di genere, in particolare di quelli famigliari. Psycho, Shining, The Others, Get Out, sono alcuni degli esempi più importanti del racconto in interno, del dramma da camera, perché da sempre sono il luogo naturale del confronto/scontro tra parenti. – spiega Lodovichi -. Con lo scenografo Max Sturiale e l’art director Adriano Cattaneo ci siamo ispirati al design morbido tipico dell’art nouveau senza però creare una casa totalmente liberty perché comunque l’identità del mondo non doveva fagocitare i nostri personaggi ma amplificarne le caratteristiche profonde e personali. Questa casa è la nostra famiglia, è la famiglia di tutti. Una famiglia ferita, a pezzi, storta, con cicatrici che solcano le pareti in profondità e attraversano da piano a piano la palazzina. È una bolla fuori dal tempo, a tratti una gabbia”.
Dell’ essere genitori, figli, marito e moglie cerca dunque di parlare questo film anomalo, che ha preso vita durante la quarantena, è stato girato subito dopo il lockdown in 17 giorni e montato in un mese.“Questa storia è anche un appello ai figli e ai genitori – prosegue il trentasettenne regista toscano -. Noi adulti abbiamo il dovere di imparare dai nostri errori, di capire cosa sbagliamo, per il bene dei bambini che vivono con noi. E per i figli, ormai adulti, di fare il possibile per non dare per persi i propri genitori. Mai”.