Miglior film dell’Unione Europea ai César di quest’anno (ex aequo con Un bacio appassionato di Ken Loach) La vita è un miracolo, ultima opera del pluridecorato regista serbo, ha rappresentato una delle più ingenti sfide che la carriera di Kusturica possa ricordare. La storia di Luka (Slavko Stimac), ingegnere impegnato nella progettazione di una linea ferroviaria che dovrebbe collegare la Serbia alla Bosnia ma non lo farà mai, si svolge tra le colline di Mokra Gora, ed ha richiesto la costruzione di una vera e propria cittadella, non in cartone e travi di legno, ma in strutture che a film ultimato, sono ancora lì. Forse il lungometraggio meno riuscito della sua carriera, passato a Cannes come una meteora, la storia dell’amore “bombardato” tra Luka e Sabaha (Natasa Solak) rappresenta una fuga impossibile, una ricerca di elementi eterei come l’affettività in tempi (la guerra del 1992) che non permettevano l’attaccamento alle cose materiali, perché esse stesse stavano per essere tirate giù dalle bombe. L’ottimismo di Luka è tuttavia spiazzante, alimentato da bugie solenni che volevano la guerra eternamente “lontana”; ma quando l'”altrove” diviene “qui ed ora” il suo amore per la vita troverà libero sfogo nella giovane nemica musulmana portata a lui perché la custodisca in attesa di un eventuale riscatto.
Ne La vita è un miracolo c’è tutto, è un film multi-focale, grottesco ed estremo al contempo, dove il dramma si mescola all’assurdo, dove gli uomini sperano e gli asini desiderano la morte, dove la guerra non la si mostra direttamente se non nella sua simulazione in una partita di calcio e nella follia di chi la subisce “di sponda”. In effetti l’incredulità di Luka di fronte ad un conflitto che lo sta per raggiungere come l’acqua di un fiume in piena e che richiede il suo unico figlio in sacrificio, è paragonabile a quella del regista raggiunto a Parigi dalle notizie della neo-belligeranza della sua nazione: «Forse c’era un piccolo ritardo nel mio cervello – ha affermato Kusturica – un po’ come quelle vecchie telecamere che quando ti sposti continuano a mostrare la vecchia immagine per un po’». Il piccolo e tranquillo micro-mondo di Luka viene raggiunto dalla Guerra dei Balcani e tutto, imprescindibilmente muta, mentre le notizie arrivano non dai media (Luka getta un televisore menzognero dalla finestra), ma dall’amico postino a cavallo. Una dimostrazione di come la guerra possa sovvertire il modo di guardare al mondo, di rivedere priorità e affezioni e di riconsiderare una ragazza spaurita, da nemica a speranza per un futuro, se non migliore, almeno diverso.
di Alessio Sperati