Un film intenso sulla perdita e sul tentativo, a volte disperato, di ritrovare ciò che si è perduto: la memoria, un amore, ma anche un’ epoca del passato. Lo propone Sara Fgaier nel suo Sulla terra leggeri con protagonisti Andrea Renzi e Sara Serraiocco, nelle sale dal 28 novembre. In concorso all’ultimo Festival di Locarno, il film è un potente collage lirico composto da riprese dal vero, archivi, immagini documentarie, nato dall’ ispirazione avuta dalla regista italo-tunisina filmando il Carnevale dell’entroterra sardo, un culto di origini arcaiche dedicato al Dioniso dell’Oriente, molto vicino alle danze dei mistici musulmani ancora presenti nel Maghreb. Rituali ancora potenti in cui la dimensione del visibile e quella dell’Invisibile sembrano riuscire a comunicare.
Fgaier voleva confrontare il tema della memoria, già presente in tutti i suoi precedenti lavori, con questa dimensione dell’invisibile. Si è chiesta che cosa succede quando qualcuno dimentica la cosa più importante della sua vita. Affida la risposta a Gian, un professore di etnomusicologia sessantacinquenne che lotta con un’improvvisa amnesia dissociativa quando perde la donna della sua vita.
La difesa di Gian si rivela peggiore del dolore da cui tenta di sfuggire. Perseguitato da frammenti di passato, riceve dalla figlia un diario da lui scritto a vent’anni. Si rende conto che ruota tutto intorno a Leila, la donna franco-tunisina con cui ha scoperto l’amore nello spazio di una notte su una spiaggia italiana legandosi a lei con una promessa di futuro, mille volte attesa, mille volte disattesa. Chi è questa donna che ha avuto una tale importanza nella sua vita? Dov’è adesso? Come è possibile che l’abbia dimenticata? E cosa succede all’altra persona quando non viene più ricordata? Diventa un fantasma, un’entità che scompare fino a diventare impalpabile. L’indagine risveglia la sua memoria, trova la forza di riscoprirsi padre e vedovo, affrontando la prova più difficile: accettare di aver perso qualcuno e imparare a ritrovarlo, trovando la leggerezza di cui parla Calvino: “planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”.