Questo interessante documentario può servire allo spettatore per addentrarsi in modo diretto e quasi scientifico nella mente contorta e geniale di Lars von Trier, autore di capolavori discussi e discutibili quali Le onde del destino (1996), Dancer in the Dark (2000) e Dogville (2003), padre inoltre del movimento cinematografico Dogma che tanti discepoli ha trovato in tutto il mondo. Qui, infatti, si fa esplicito il modo di raffrontarsi al mezzo cinematografico del regista danese. Regole, limiti, imposizioni, sfide impossibili, ironia e profonda serietà: sono queste le basi da cui von Trier parte per costruire ogni suo film, le stesse che egli nel documentario impone al suo amico e collega Jorgen Leth, autore di un film sperimentale intitolato L’uomo perfetto (1967). È quasi una gara quella che si instaura tra i due cineasti, che però non vede alcun vinto ma entrambi vincitori. Se von Trier dimostra una volta per tutte che la sua idea di cinema non è né superficiale né ostentatamente irriverente, Leth d’altro canto appare abile nel sapersi giostrare nelle assurde limitazioni che il primo stabilisce durante la sfida, che lo vede impegnato nel ricreare la sua opera originale in modo sempre diverso e innovativo. Manipolando immagini, suoni, colori e frasi secondo schemi prestabiliti i due registi sperimentano come il cinema possa essere un’arte altamente razionale e controllabile, una sorta di gioco scientifico in cui i vari elementi possono essere modificati e accostati in modi sempre differenti, per ottenere risultati opposti, svariati, ognuno con un proprio significato intrinseco. La ricerca di set, personaggi, voci e volti sempre nuovi porta a risultati sorprendenti, intelligenti e colmi d’ingegno, mai gratuiti o approssimativi e dimostra l’assoluta inventiva e genialità di Lars von Trier, regista troppo spesso bistrattato dalla critica e che si è rivelato invece uno dei pochi autori oramai presenti nel cinema europeo contemporaneo.
di Simone Carletti