Si apre con uno scorcio di New York Anything Else, sulla panchine di Central Park, dove siedono intenti a chiacchierare un uomo anziano, Dobel, e uno giovane Jerry: la macchina da presa spia il dialogo fra i due e ci mostra i problemi che affliggono il ragazzo, visibilmente preoccupato. Lui soffre per amore, poiché Amanda, viziata e sostenuta attricetta, si trova in perfetta sintonia con ogni essere umano di genere maschile, ad eccezione di lui. Il suo confidente è un docente ebreo ossessionato dalla paura di ricevere ancora ospiti indesiderati, dopo i nazisti dell’Olocausto e i terroristi dell’undici settembre. Woody Allen ritorna a parlare di romanticismo, con una commedia che mescola sapientemente tutti gli ingredienti di ogni suo film cercando però di rileggere e ribaltare la morale: fuori la psicanalisi e il vittimismo e campo libero alla rivincita di tutti gli antieroi. Il David Dobel di oggi viaggia su una splendida Porche rossa, acquista armi in offerta come si fa al supermercato ed è sempre pronto a difendersi da ogni altro eventuale attacco.
Con prepotenza ma anche con tenera goffaggine si scaglia sull’automobile di due energumeni colpevoli di avergli soffiato un parcheggio, e poi credendo di poter fuggire dalla realtà, organizza un viaggio di solo andata per la città degli angeli, trascinando con se il giovane compagno. Questi intanto si affida alle cure mediche di un silenzioso e inebetito psicanalista, il quale si perde nei racconti del paziente, lasciandolo solo con la propria coscienza riflessa nello specchio immaginario dello schermo tra attore e spettatore. Jerry infatti comunica con la macchina da presa, come accadeva al regista newyorchese ne La rosa purpurea del Cairo o Io e Annie rendendo ancora più surreale e astratta l’intera vicenda. Il film procede con ritmi sostenuti alternando una vena malinconica, sottolineata dalla splendida voce di Billie Holiday, ai perfetti Jason Biggs e Christina Ricci, accompagnati da puntali tempi comici di un por tentoso Danny De Vito, nei panni di Harvey sciocco impresario, e di un’adorabile Stockard Channing, in quelli di Paula, donna abbandonata all’alcol e alle cure premurose di una figlia incasinatissima. “L’amore è tutto qui” afferma il tassista filosofo che accompagna il giovane a Los Angeles, e proprio come uno dei personaggi di quei vecchi film alla Wilder, il regista sembra volerci comunicare la voglia di emozionarsi ancora dinanzi alle sorprese della vita.
di Ilario Pieri