Autore di un romanzo di successo basato su un caso di possessione realmente avvenuto, William Peter Blatty curò, nel 1973, la sceneggiatura di quello che da sempre viene definito uno dei più spaventosi, ed anche uno dei migliori, horror di tutti i tempi: L’esorcista. Diretto da William Friedkin, reduce dall’eccezionale action-movie Il braccio violento della legge, il film elevò a mito del cinema della paura l’allora piccola Linda Blair, nei panni di Regan Teresa MacNeil, la quale, posseduta dal demonio, veniva esorcizzata dall’anziano padre Merrin e dal collega Karras, rispettivamente interpretati da Max von Sydow e dal compianto Jason Miller. Inutile dire che quel grande capolavoro della celluloide, oltre ad aver avuto due scialbi sequel, generò una marea di imitazioni più o meno discutibili, da Chi sei? (1974) dell’accoppiata Ovidio Assonitis – Roberto D’Ettore Piazzoli, a L’ossessa (1974) di Mario Gariazzo, a L’anticristo (1975) di Alberto De Martino, a Un urlo nelle tenebre (1975, circolato perfino con il titolo Esorcista n.2) di Elo Pannacciò, a L’eretica (1977) di Amando De Ossorio. Oggi, a trentuno anni di distanza, giunge nelle sale cinematografiche il prequel L’esorcista: La Genesi che, interamente girato negli studi romani di Cinecittà, grazie al grande contributo dello scenografo Stefano Ortolani (The Eighteenth Angel), racconta del primo incontro-scontro, nel 1949, tra il giovane padre Merrin (Stellan Skarsgård), allora privatosi della fede in Dio, dopo aver assistito ad una serie di atrocità nel periodo nazista, ed il maligno, liberato da un’antica chiesa bizantina sepolta in Africa ed incarnatosi nella dottoressa Sarah Novack (Izabella Scorupco).
Il regista Renny Harlin ci regalò, nel 1988, Nightmare 4 – Il non risveglio, che, grazie all’affascinante costruzione scenica ed all’abbondanza di effetti speciali, è da sempre uno dei capitoli più amati dai fan della saga kruegeriana, pur allontanandosi un po’ troppo dalle cupe ed inquietanti atmosfere del capostipite, in favore di un tripudio di sequenze spettacolari. A quanto pare, non sembra aver cambiato stile di regia, in quanto questo nuovo episodio della serie demoniaca, pur tracciando, come nell’originale friedkiniano, un percorso attraverso cui il male può farsi strada, tra crocifissi capovolti ed altri segnali premonitori, ancor prima che un film drammatico realisticamente tinto di horror, è una storia avventurosa particolarmente splatter e violenta, che tanto ci ricorda la trilogia spielberghiana di Indiana Jones, soprattutto il secondo capitolo. La fredda e desolata atmosfera autunnale, i lunghi silenzi che anticipavano l’improvviso shock visivo-sonoro vengono qui totalmente dimenticati, in favore di un tour de force caldamente illuminato dal triplice Premio Oscar Vittorio Storaro, in cui l’attesa è praticamente inesistente, spazzata via dall’azione e dall’infinità di effetti speciali, sia quelli artigianali di Gary Tunnicliffe (Halloween – La resurrezione, Hellraiser 5: Inferno), che quelli digitali dell’italiana Proxima.
Possiamo tranquillamente dire, però, che non ci troviamo di fronte ad uno dei peggiori film dell’orrore degli ultimi dieci anni, e che questo look da tipico prodotto d’intrattenimento hollywoodiano, pur facendolo distaccare nettamente dal capostipite, provvede a renderlo il più delle volte godibile e di non difficile fruizione, anche se risulta alquanto arduo digerire un padre Merrin sbruffone ed avventuriero. Certo, spaventarsi è praticamente impossibile, perché non basta far irrompere all’improvviso i corvi nell’inquadratura per terrorizzare lo spettatore, ma la vera nota dolente del lungometraggio è che, dopo tanta, coinvolgente azione, l’esorcismo si conclude in brevissimo tempo, trasformato in una sorta di scontro-combattimento alla Evil Dead (in Italia La casa), che non rispecchia affatto quello storico, lungo ed estenuante, esercitato dai succitati Sydow e Miller, caratterizzato da elementi profondamente disturbanti.
di Francesco Lomuscio