Robert De Niro senza limiti
Bradley Cooper prenderebbe una superdroga per migliorare le sue prestazioni? «Sì non ci penserei un secondo» risponde divertito l’attore italoamericano trentaseienne, a Roma per presentare il film Limitless, dal 15 aprile in 250 sale. Biondo, occhi verdi, il nuovo bello di Hollywood, è il protagonista al fianco di Robert De Niro del discusso fanta-thriller sulle droghe sintetiche che assicurano onnipotenza e successo, diretto da Neil Burger , tratto dal romanzo The Dark Fields dell’irlandese Alan Glynn. Bradley interpreta uno scrittore brutto, sporco e sfigato, mollato pure dall’amata, che casualmente ingurgita un’oscura pillola di Nzt che gli stimola il cervello e lo trasforma in una sorta di superman.
Potendo sfruttare al cento percento le sue potenzialità cerebrali riesce a scrivere di getto il suo tanto agognato libro, a imparare le lingue in pochi minuti, a sconvolgere Wall Strett con ardite operazioni che lo faranno diventare milionario. Sarà notato da un enigmatico magnate della finanza (De Niro) che lo vorrà accanto per far fuori la concorrenza. Ma in preda ai fumi della micidiale pillola sarà coinvolto in un oscuro omicidio e si ritroverà braccato dalla polizia e da loschi figuri che faranno di tutto per sottrargli le preziosissime sfere. Ma se lui smette di prenderle sta malissimo, regredisce, si sgonfia come un palloncino, incapace di ogni azione.
Asso della commedia americana grazie a film come Una notte da leoni e A-Team, considerato il nuovo Paul Newman, l’ex fidanzato di Renee Zellweger, difende il film che, sostiene, non si schiera a favore delle droghe ma pone soprattutto interrogativi. «È necessario chiedersi fino a dove arriveremo, se stiamo andando verso un’ intelligenza artificiale e se un giorno ci impianteranno dei chip nella testa». Prendere delle scorciatoie per avere successo nella vita, spiega, è troppo pericoloso. Lui ha preferito studiare, fare la gavetta. «All’ inizio ho ricevuto un sacco di rifiuti, mi sono mantenuto facendo il portiere d’albergo, mio padre mi ha pagato gli studi e quando è arrivata la prima serie Tv, Alias, tutto è cambiato ma so cosa significa sentirsi uno sfigato, fa parte di questo mestiere che non ti da mai sicurezza». Fare il barbone all’inizio del film, assicura, non gli è pesato: «Non mi truccavo, mi piacevo tanto così rilassato – confessa- rispetto a come divento dopo, impasticcato e frenetico».
Il difficile era girare fuori sequenza: «Dovevo ricordarmi com’ero nella scena precedente, se ero fatto o su di giri per non creare troppi problemi poi al montaggio». De Niro non l’ha messo in soggezione «È talmente sicuro di sé da mettere tutti a proprio agio. Sul set parlavamo poco di lavoro – racconta-, la sua ossessione era trovare la mozzarella migliore di Philadelfia». Il gossip, dice: «È un male necessario, se questo è il prezzo che devi pagare al successo, sono pronto a pagarlo. Mi attribuiscono storie con donne davvero lusinghiere, magari almeno una fosse vera!». Il finale lascia la porta aperta ma, dice lui: «Non cadrò mai preda dei sequel, comunque per ora non se ne parla». Non disdegna invece la tv che con Alias l’ha reso famoso. «Non rifiuterei mai un’offerta valida, a prescindere dal mezzo, è la sostanza che conta».