In 600 sale italiane dal 20 aprile
A conclusione del suo tour cinematografico tra le capitali europee Woody Allen non poteva mancare quella italiana, che ha immortalato in To Rome With Love, nelle sale dal 20 aprile in oltre 600 copie. Una commediola in quattro episodi, che si intrecciano in una Roma da cartolina per turisti di bocca buona. C’è Benigni oscuro impiegatuccio che vive con moglie e prole in un alloggio popolare e che si ritrova di colpo, senza motivo, al centro della morbosa attenzione di tv e paparazzi.
Allen si è cucito addosso (con poca fantasia) il ruolo di un nevrotico regista americano con moglie psichiatra al seguito (Judy Davis) in visita al futuro genero italiano, che scopre nel consuocero impresario di pompe funebri un talento della lirica, ma solo quando canta sotto la doccia. Alec Baldwin è un architetto che torna da turista nella capitale dove studiava da ragazzo, va a rivedere la casa dove viveva e si ritrova, in veste di esoterico consigliere, a far aprire gli occhi a uno studentello americano (Jesse Eisenberg) innamorato a sua insaputa di Monica (Ellen Page), la miglior amica della sua fidanzata. Penelope Cruz è una escort che sbaglia camera d’albergo e cerca di sedurre comunque un neosposino (Alessandro Tiberi) in bramosa attesa di presentare la mogliettina (Alessandra Mastronardi), nel frattempo dispersa tra le vie dello shopping romano, ai suoi rigidi parenti.
Buone idee, alle quali però il regista stavolta non ha saputo dare il giusto sviluppo comico. Forse troppo incantato dalle bellezze di una città che adora e che, non si stanca di ripetere: «È una città come nessun’altra al mondo. Solo qui un americano si rende davvero conto di essere in Europa, in un altro continente, perché è esotica, ha uno stile di vita unico. Poter realizzare un film in questa città è stato un dono, una festa». Ha reso omaggio anche ai nostri attori, inseriti a man bassa nel cast, tra cui Ornella Muti (la star) e Antonio Albanese (il regista-seduttore), Riccardo Scamarcio (un piacente cameriere), Flavio Parenti, Simona Caparrini (l’austera zia di Tiberi), Monica Nappo (la dimessa moglie di Benigni), il tenore Fabio Armiliato (il consuocero di Allen) e ancora Maria Rosaria Omaggio, Giuliano Gemma, Donatella Finocchiaro, Vinicio Marchioni. Ha ingaggiato anche veri fotoreporter romani (che nel film inseguono forsennati Benigni), tra cui Letizia Giambalvo e Vitaliano Napolitano.
Le vere risate però scaturiscono finita la proiezione romana, alla conferenza stampa gremita di star, tra i siparietti comici simil-improvvisati di Benigni, l’aria sorniona di Woody e l’imbarazzo di Baldwin che stenta a cogliere nella traduzione l’ironia del ‘toscanaccio’. Allen troneggia trasognato tra l’algida e sexy Penelope Cruz che come una “bella statuina” riesce solo a tesserne sperticate lodi, e lo stesso fa il suo spaesato collega Eisenberg.
«C’è un affetto enorme in Usa verso gli italiani – racconta Allen -, verso la loro cultura, la storia, il modo di divertirsi. Si ha l’immagine di un paese molto alla mano dove potersi godere la vita». A chi gli fa notare che di personaggi come quello di Benigni, un uomo senza qualità investito da improvvisa notorietà e ricchezza, qui da noi ce ne sono parecchi, dice: «È un’idea buffa, se rispecchia lo spirito dei tempi sono stato fortunato».
«All’epoca in cui è stato girato il film – lo sostiene Benigni – Allen non poteva sapere che c’era un Renzo Bossi che si sarebbe trovato protagonista della vita politica del Paese. Alla luce dei fatti di oggi, la storia di una persona che diventa famosa, soldi, macchine, donne, senza nessun merito, a prima vista sembra proprio la sua storia». Per Benigni, ogni riferimento al film di Allen Il dittatore dello stato libero di Bananas, è anacronistico nel dopo Berlusconi. «È più attuale Prendi i soldi e scappa, anzi, “prendi i soldi e basta” dice l’attore toscano, che sottolinea il suo entusiasmo viscerale per il regista: «Avere Woody Allen qui è come una nevicata d’agosto, sorprendente. È l’unico capace di unire Groucho Marx e Bergman. Fare lo spiritoso davanti a lui è come suonare il piano davanti a Mozart o cantare Vincerò davanti a Pavarotti».