Fu John Milius per primo, alla fine degli anni ’70, ad inquadrare nella sua macchina da presa quella spericolata gioventù americana che aveva concentrato i propri sogni in una tavola da surf nell’indimenticabile Un mercoledì da leoni. Quei “leoni” della California meridionale, si sono evoluti, hanno invaso le strade, “surfando” sui marciapiedi dissestati come avrebbero fatto lungo la costa. È il tempo degli Z-Boys, un gruppo di adolescenti del distretto di Venice (Los Angeles), entrati nella leggenda degli sport estremi. Tony Alva, Jay Adams, Stacy Peralta, e il loro mentore Skip Engblom, titolare dello Zephyr Shop – da cui Zephyr Team – proprio negli anni ’70 hanno rivoluzionato la passione per lo skate adattando alla compattezza del ruvido cemento l’aggressività e la creatività di una sopraffina tecnica surfistica, utilizzando come piste le piscine vuote degli ignari abitanti della zona chiamata ‘Dogtown’. Stava nascendo non soltanto uno sport – oggi riconosciuto anche nelle migliori università – ma un vero e proprio culto, uno stile di vita imitato da migliaia di ragazzi in tutto il mondo. A Stacy Peralta il merito di aver documentato e narrato quegli anni, prima con la realizzazione di un documentario, Dogtown & Z-Boys premiato al Sundance 2001 per la miglior regia, poi scrivendone un adattamento per il cinema, diventato il film di Catherine Hardwicke Lords of Dogtown, in cui il testimone passa agli attori John Robinson, Emile Hirsch e Heath Ledger che si sono improvvisati per qualche settimana campioni di skateboarding acrobatico.
Non è la prima volta che Hollywood affida ad una disciplina sportiva il compito di allontanare i ragazzi dalla strada, ma Stacy e i suoi amici hanno fatto di più, di quelle strade zeppe di malavita e degrado, ne hanno fatto un parco divertimenti. In realtà i ragazzi di Dogtown il loro parco lo avevano, era il Pacific Ocean Park che dopo i fasti degli anni ’60 era stato abbandonato diventando unico ritrovo di delinquenza. Ma a Dogtown non c’erano solo i latinos, artisti di strada e vagabondi; in passato era divenuto anche un quartiere residenziale per ricchi talmente snob da rifiutare la convivenza di Beverly Hills, ma dopo periodi di forte siccità e degrado sociale il quartiere ha perso anche loro e quelle mega-ville con piscina sono rimaste disabitate. È proprio questa visione “alternativa” della realtà come speranza di un’alternativa sociale che ha stimolato la fantasia della Hardwicke e della Sony. La regista di Thirteen aveva un’affinità naturale con questi ragazzi essendo anche lei nata a Venice ed appassionata surfista. L’attenzione alla fedeltà dei particolari è stata messa alla base di entrambi i progetti, anche per questo Peralta ne ha curato entrambe le stesure e Tony Alva ha addestrato gli attori di Lords of Dogtown non solo alle tecniche di skating ma anche allo stile dello Zephyr Team. Sia a Dogtown and Z-Boys che a Lords of Dogtown è stato chiesto di rappresentare con realismo un gruppo di ragazzi passati dalla povertà al successo, i loro dissapori, le loro rivalità, il loro riavvicinarsi sotto l’egida di una passione comune, insomma che alla base ci fosse non solo un talento sportivo, ma una storia di vita, quella dei ragazzi di Dogtown, una leggenda americana.
di Alessio Sperati