Di Fred Vargas, Einaudi, 2007 (prima ed. 1991)
Il commissario Jean-Baptiste Adamsberg nasce nella mente della scrittrice/archeologa Fred Vargas sin dai primi anni ’90 e, editorialmente parlando, proprio con L’uomo dei cerchi azzurri, libro uscito in Francia nel 1991 e pubblicato qui da noi solo nel 2007. È evidente che in questo detective sagace e riflessivo la scrittrice abbia riposto se stessa e le sue passioni: i pensieri liberi, le passeggiate, la medievistica… Il camminare per Adamsberg era «l’unico modo per fare una cernita dei propri pensieri», leggiamo. Il commissario, le cui letture tipo sono Ideologie e società sotto Giustiniano, con il passeggiare riesce a fare un “frullato di pensieri”, scuotendoli, e facendo cadere in basso quelli più pesanti e in alto quelli più leggeri.
Ma veniamo al racconto. Si parla di cerchi, azzurri, apparentemente innocui. A Parigi si fa un gran parlare di un buontempone che ogni notte disegna per terra dei cerchi col gesso azzurro. All’interno del cerchio c’è sempre un oggetto dimenticato, un tappo di birra, una chiazza di vomito, un cono gelato e la frase «Victor, malasorte, il domani è alle porte». Si appassionano al caso illustri psichiatri e giornalisti nonché un’eccentrica oceanografa che ama pedinare le persone per studiarle come fa con i pesci. Intanto il commissario Adamsberg è stato appena trasferito al commissariato del V arrondissement di Parigi dopo aver risolto sorprendentemente un numero impressionante di casi ed è apparentemente l’unico a prendere sul serio la faccenda. Fino a quando dentro uno dei cerchi viene ritrovato il cadavere di una donna e la cosa si fa seria agli occhi di tutti. Inizia così una caccia all’uomo, o meglio, una caccia a un’ombra, a un personaggio elusivo che sembra sfuggire ad ogni logica da assassino seriale.
Almeno un decennio prima del grande successo internazionale ottenuto da Vargas, già si intravedono in quest’opera i contorni del suo thriller, che sa unire elementi del giallo classico con l’ironia di una coppia di investigatori molto particolare. Adamsberg e il suo aiutante Adrien Danglard sono un duo ben assortito: sognante ma acuto l’uno, fedele e caparbio l’altro. L’istintività di Adamsberg rende le pieghe della narrazione a volte imprevedibili: nel suo metodo d’indagine non ci sono le logiche di un Holmes o di un Poirot, ma l’abbandono libero al fluire degli eventi e delle coincidenze; a volte sembra non ci sia proprio un metodo. La Parigi descritta dalla Vargas non è quella turistica o romantica da cartolina, ma una città piena di ombre, enigmi e stranezze. I personaggi secondari sono tratteggiati con cura e creano un universo intrigante e talvolta eccentrico.
Siamo al primo dei casi del commissario Adamsberg e già ci sono gli elementi per farci innamorare dei suoi eroi metropolitani. Gli interessi della scrittrice prendono forma nei corpi delle sue creature, le sue riflessioni sullo studio della storia diventano un trait d’union per una particolare visione del mondo. Un altro punto di forza è la capacità dell’autrice di mantenere alta la tensione pur evitando i classici clichè dei thriller. Non ci sono inseguimenti mozzafiato o colpi di scena troppo forzati; piuttosto, la trama si sviluppa in modo organico, con una lentezza calcolata che permette al lettore di immergersi completamente nella psicologia dei personaggi e nel mistero. L’uomo dei cerchi azzurri non è un giallo perfetto, a tratti può risultare fiacco, ma vi si notano tutti i prodromi di un’esplosione letteraria degli anni a seguire.
Della stessa autrice Io sono il Tenebroso, Il morso della reclusa, Nei boschi eterni, Un luogo incerto, Tempi glaciali, Un po’ più in là sulla destra, Chi è morto alzi la mano, Parti in fretta e non tornare, L’uomo a rovescio, La cavalcata dei morti, Sotto i venti di Nettuno, L’umanità in pericolo, Prima di morire addio, Sulla pietra.