Con questo film di Andrew Fleming, ispirato alla commedia del 1979 intitolata Una strana coppia di suoceri con Peter Falk e Alan Arkin, Michael Douglas si ripropone in veste comica dopoché la sua carriera era stata minata da alcuni clamorosi insuccessi. Affiancato da un irresistibile Albert Brooks veste i panni di un agente della CIA che deve riuscire a far coincidere le esigenze della sua professione segreta con quelle ben più ordinarie della sua famiglia, in particolare del figlio in procinto di sposarsi. Tutto il film gioca sui contrasti che si creano tra le due famiglie e di conseguenza tra i due suoceri, uno sempre al limite dell’avventura pericolosa, l’altro più pacato e “normale”; a dar linfa vitale a questo scontro di caratteri diametralmente opposti sono le sentite interpretazioni di un Michael Douglas mai così simpatico ed eccessivo e di un Albert Brooks particolarmente efficace nel ruolo del quieto podologo invischiato in una situazione ben più grande di lui. A far da contorno un ottimo cast di caratteristi, tra cui spicca Robin Tunney, attrice premiata a Venezia nel 1997 per la sua interpretazione nel film Niagara. Il problema in questo genere di film non si trova né nella mancanza di ritmo né nell’interpretazione degli attori, di solito a metà tra la parodia e il grottesco, ma nelle sceneggiature sempre tagliate con l’accetta, in cui le psicologie dei personaggi non vengono mai adeguatamente approfondite. La commedia americana odierna appare dunque come un meccanismo ad orologeria per quanto riguarda i tempi dell’azione e gli aspetti comici, ma vuota nei contenuti e attraversata da personaggi senz’anima, privi di qualsiasi fascino o motivo di attrazione. Sempre più di frequente ci troviamo di fronte a puri prodotti d’intrattenimento affidati alla verve comica degli attori, spesso presenti in coppia; così come sempre più di frequente questi film affrontano la tematica del matrimonio, più volte ostacolato, rinviato, annullato, per esser poi riproposto in veste del tutto nuova e originale. Dietro a questi schemi fissi, a questi topoi narrativi, si nasconde un’industria, quella hollywoodiana, ormai segnata dalla ripetitività e dalla mancanza di originalità. Non è un caso che, come per il film Matrimonio impossibile, si ricorra alla soluzione del remake per evitare così ogni sorta di problema legato alla scrittura creativa, attraversando infatti binari già percorsi in passato alla ricerca di facili e prevedibili guadagni.
di Simone Carletti