La pellicola diretta da Valeria Golino, in sala dal 1 maggio
«Ogni persona ha diritto di gestire il proprio corpo, la propria vita e decidere come e quando finirla». Ne è convinta Valeria Golino che debutta dietro la macchina da presa con un film difficile e coraggioso. Miele, nelle sale dal 1 maggio, affronta infatti un argomento “tosto” come il suicidio assistito. Una storia durissima e bella sull’eutanasia, un tema da sempre tabù per le istituzioni più che per la gente, sempre pronta a riflettere su problematiche che vanno a colpire i nostri pregiudizi più intimi.
L’attrice, malgrado i suoi dichiarati tanti dubbi inziali, supera onorevolmente la prova, dirigendo con sicurezza una ruvida e convincente Jasmine Trinca nei panni della protagonista Irene (Miele) che sbarca il lunario aiutando, fuorilegge, i malati terminali ad abbreviare la loro agonia. Segnata dalla perdita della madre, legata affettivamente a due uomini inconsistenti (Vinicio Marchioni e Libero De Rienzo), la donna uscirà dal suo guscio dolorante dopo l’incontro-scontro con un ironico, colto e disilluso settantenne (uno strepitoso Carlo Cecchi) dalla salute di ferro, ma fermamente deciso a mettere comunque fine ai suoi solitari giorni.
Valeria ha lavorato a lungo per mettere a punto la sceneggiatura (con Francesca Marciano e Valia Santella), molto liberamente ispirata al romando di Mauro Covacich A nome tuo. Lungo e travagliato anche l’iter per reperire i fondi per realizzare questa toccante pellicola, prodotta a basso budget dalla Buena Onda di Riccardo Scamarcio con l’aiuto di Rai Cinema, dei francesi, di Gianluca De Marchi, il contributo del ministero e distribuita in un centinaio di sale dalla BIM. «All’inizio i produttori ci davano dei pazzi sentendo che volevo raccontare vita e morte per immagini» dice Golino. «Una storia originale, diversa, fortissima, non facile produrla – aggiunge l’ad di Rai Cinema Del Brocco -. È stato difficile trovare altri partner, ma era importante».
Il film ha convinto anche i severi selezionatori di Cannes, che lo presenteranno (con somma gioia dell’autrice) il 16 maggio nella sezione Un certain regard. «Non sembra un film italiano, invece è italianissimo – commenta orgoglioso Marchioni -. È stato un atto di coraggio enorme, ma con le idee si fanno le cose di qualità anche in questo paese». «Ho letto il libro tre anni fa, l’ho trovato fulminante, contemporaneo, doloroso, provocatorio, con un personaggio femminile piuttosto inedito per il cinema italiano – ricorda Valeria -. Ne ho spremuto il contenuto, l’abbiamo filtrato con la nostra etica, cambiando tante cose, anche il finale».
Ha preferito non recitare nel film. «Volevo una ragazza più giovane di me e anche per Scamarcio non c’era un ruolo adatto». «Per una questione pratica – precisa Riccardo -, la mia nuova veste di produttore mi ha assorbito totalmente per due anni e mezzo, a caccia di finanziamenti». Golino ha cercato di porsi delle domande, senza essere provocatoria, senza pro né contro l’argomento. «Prendere una posizione è una cosa forte e io non riesco ad averla – spiega -. Mille implicazioni cambiano ogni storia personale, il mio film si addentra in questi dubbi. E non fa mai vedere la morte di una persona fino in fondo ma fa sentire tutto il peso e la tensione di un evento così grave e sacro».
Per Jasmine Trinca è difficile spiegare chi è Miele. «Non mi pongo mai problemi etici nell’affrontare un film – spiega l’attrice -, mi sono affidata totalmente a Valeria, ero sicura che avrebbe raccontato il fine vita nel modo opportuno. Ho comunque sofferto per rappresentare con autenticità il mio personaggio».