Un demotivato Robert De Niro si presta ad un altro thriller da cassetta dopo il Godsend dell’anno scorso, confermando una decisa caduta di stile nelle scelte professionali. Nell’attesa di vedere il suo The Good Shepherd, film da lui diretto e interpretato, iniziato a girare i primi di Marzo e che vede la partecipazione anche di Matt Damon ed Angelina Jolie, ci soffermiamo a descrivere un’altra delle piccole macchie sul brillante curriculum di “Big Bob”. Nascosto nel buio è la storia di Emily (la baby-prodigio Dakota Fanning), una bambina sui dieci, da poco orfana di madre suicida, che, per colmare una solitaria e tranquilla convivenza con il padre, spesso assente, si inventa un amico immaginario dal nome molto poco significativo di Charlie. Il padre, per giunta psicologo, ritiene che quello di Emily sia un modo positivo per esprimersi, ma una serie di inspiegabili violenze lo costringe a cambiare radicalmente idea. Non solo la bimba riporta segni di violenze, ma la sparizione di qualche “ospite” sgradito della casa, spinge il sempre più preoccupato David “De Niro” a pensare che quel “Charlie” sia qualcuno o qualcosa di molto più concreto delle fantasie di una bambina. Così tra giochi di luce/ombra, macchine da presa che serpenteggiano nei vani di un appartamento dalle porte sinistramente socchiuse, il regista invita ad un “nascondino” al massacro con i suoi personaggi, ma, data la limitatezza dell’architettura complessiva, i suoi intenti vengono smascherati molto in fretta.
Sono lontani i tempi di Cape Fear, in cui De Niro era l’elemento aggiunto in una vicenda coinvolgente dalla struttura complessa e varia; qui si risente della poca consistenza di scrittura e regia: la prima affidata all’esordiente Ari Schlossberg, e molto discutibile nelle sue svolte narrative; la seconda merito di quel John Polson più noto per meriti istituzionali – ha fondato il Tropfest, maggior festival australiano di cortometraggi – che registici, visto che il suo film di esordio, Swimfan – La piscina della paura, si è fatto dimenticare molto facilmente. In Nascosto nel buio, Polson si affida troppo ad un accademico citazionismo, confidando sulle prestazioni attoriali dei suoi campioni. Ma se è vero che una buona sceneggiatura può funzionare anche con attori scadenti non è vero il contrario: non bastano i richiami a Shining, Psycho e Secret Windowper creare la tensione necessaria ad elevare le sorti del film. Di positivo resta la buona prestazione di Dakota Fanning, la quale dai suoi 11 anni vanta già una maturità artistica da far invidia a tante colleghe con 20 anni di più e che qui ruba la scena al grande De Niro, il cui talento è l’unica cosa a rimanere nascosta in un b-thriller all’insegna del già visto.
di Alessio Sperati