I remake abitualmente sono guardati con sospetto, spesso legittimo, ma al tempo stesso a torto si prescinde dal dato di fatto che ciascun film fa comunque storia a sé perché è figlio del suo tempo, in quanto cambiano i gusti, le sensibilità, il contesto storico in cui è realizzato e proposto al pubblico. Aspetto diverso invece, perché legato a un processo naturale se non meccanico, il confronto delle pellicole da parte di coloro che hanno amato quella originale. In questi casi prevale spesso l’ accento nostalgico, su ciò che “è stato”.
Non aprite quella porta ha la “sfortuna” di andare a confrontarsi con un autentico classico del genere, l’omonimo horror del 1974 diretto da Tobe Hooper, e ne esce benissimo. Non solo, per come è concepito il film può coinvolgere un pubblico ancora più vasto. Accanto a coloro, moltissimi, che decretarono il successo del film originale sino a divenire un cult, quello attuale può essere apprezzato da chi non è insensibile al genere thriller. La versione attuale infatti, forse meno sanguinosa, a più riprese privilegia l’utilizzo dei canonici meccanismi della suspence rispetto agli effetti splatter. Lo spirito e l’essenza originari non vengono certo meno, dal ’74 la macelleria umana di “Faccia di Pelle” è tuttora aperta, orario continuato, sconti per nessuno, e opera sempre alacremente… Il tasso adrenalinico dello spettatore viene così mantenuto sempre alto ed è ottima la performance del film rispetto a prodotti più o meno analoghi: giusta durezza, perché no? Disgusto ove dovuto, ma non compiacimento. Il pubblico Usa sta premiando tutto questo, nelle sale dal 24 ottobre scorso, l’avvio è stato trionfale: secondo incasso di tutti i tempi nel mese di ottobre, 29 milioni di dollari nel primo week-end. Il merito va ascritto evidentemente al regista Marcus Nispel, al debutto nel lungometraggio ma in possesso di un curriculum di lusso negli spot pubblicitari e nei videoclip musicali. I primi realizzati per grandissime multinazionali, i secondi per artisti in vetta alle classifiche (George Michael, Simply Red, The Spice Girls, Elton John, Cher, Bryan Adams, Billy Joel, Puff Daddy e molti altri) con la vittoria di quattro “MTV Music Video Awards”. Tale cultura registica è proficuamente messa a frutto in questo primo lungometraggio: padronanza delle accelerazioni effettuate con esatta scelta di tempo da non “drogare” artificialmente il ritmo del film, l’ importanza e la cura dell’ inquadratura. Nemmeno è un caso che Non aprite quella porta è scandito dal ritmo delle musiche di Marilyn Manson. Merito anche a chi ha dato fiducia all’ esordiente Nispel, cioè il regista Michael Bay (Pearl Harbor, Bad Boys I e II, The Rock, Armageddon) qui nelle vesti di produttore. Si è optato per un cast di attori non proprio popolarissimi se si esclude forse Jonathan Tucker ma non meno efficaci, su tutti Jessica Biel. Una sorta di continuità con il film del ’74 è la presenza del medesimo direttore della fotografia, Daniel Pearl.
Tutto risuona in modo più sinistro e il coinvolgimento è maggiore in quanto Non aprite quella porta è tratto da un fatto di cronaca accaduto nel ’73 nel profondo Texas a cinque ragazzi in transito da una vacanza. Il 20 agosto la polizia rinviene i resti massacrati di ben 33 vittime nella fattoria isolata dell’ ex-scuoiatore del mattatoio della contea. Per la nazione sconvolta e inorridita, l’ esecutore ultimo di una intera famiglia di “macellai” armato di motosega fu “Faccia di Pelle” per il macabro rito di indossare le maschere di carne delle proprie vittime. La polizia, nonostante le proteste, avrebbe chiuso il caso con un capro espiatorio e solo recentemente l’unico sopravvissuto si è deciso a raccontare quella che è passata alla storia come “Il massacro della motosega in Texas”, da cui il titolo originale The Texas Chainsaw Massacre.
di Riccardo Farina