Il cinema italiano segna un bel goal. Con il film Non Pensarci di Gianni Zanasi, che 01 finalmente distribuirà nelle sale dal 4 aprile in 200 copie, si torna a ridere e a commuoversi, a sentirsi a fine pellicola davvero soddisfatti. Il classico film indipendente, fuori dai soliti schemi e poco commerciale che, proprio per questo, Beppe Caschetto ha deciso di produrre con Rita Rognoni quando al ministero che sborsa i quattrini (pochi e spesso poco accortamente) i soliti soloni lungimiranti non volevano neppure sentirne parlare. E malgrado sia stato il film rivelazione all’ultimo festival di Venezia (premiato anche dal sindacato giornalisti di cinema) e già venduto in diciotto paesi, da noi per vedere la luce del grande schermo si è dovuto mettere in coda, come un saldo di fine stagione. Ma al pubblico (di ogni età) che ha buon fiuto non sfuggirà questa esilarante commedia umana che mette a fuoco con leggerezza ma mai con superficialità i travagli dei componenti di una classica famiglia medio borghese della provincia italiana, magnificamente interpretati da Valerio Mastandrea, Giuseppe Battiston, Anita Caprioli, Teco Celio, Gisella Burinato contornati da amici e conoscenti altrettanto bravi come Caterina Murino, Dino Abbrescia, Luciano Scarpa, Paolo Sassanelli e Paolo Briguglia. Zanasi, che finalmente torna al cinema dopo otto anni di silenzio dal suo Fuori di Me, non ha sbagliato una mossa. Oltre alla scelta del cast è ottima anche la sceneggiatura, attentamente scritta con Michele Pellegrini, la direzione “logorante” degli attori, la scelta della colonna sonora. La storia prende il via quando Stefano Nardini (Mastandrea) rockettaro in disarmo anche amoroso fugge da Roma e cerca rifugio e conforto dalla solida famiglia che in Romagna gestisce una fabbrica di frutta sciroppata. Trova che la sorella minore (Caprioli) ha mollato l’università per lavorare coi delfini, la madre cerca la pace tra i santoni, il padre infartuato ha lasciato il timone dell’azienda al fratello maggiore, poco incline agli affari e con matrimonio a pezzi. Anche gli amici più cari sembrano aver “sbroccato” e lui, alla sua assurda maniera, farà il possibile per salvare il salvabile. Così facendo finirà per occuparsi più a fondo anche di sé stesso.
“Oggi si parla molto della famiglia col rischio che diventi astratta – spiega Zanasi -. Ho cercato di raccontare non di giudicare, di essere il più possibile concreto, le persone più sono vere e più sono imprevedibili e questo a me fa ridere”. E riesce a far ridere parecchio anche lo spettatore, anche in situazioni drammatiche che altri al suo posto avrebbero ammantato di pesantezza. “E’ uno dei modi più originali di raccontare la famiglia che in Italia è il luogo potenziale di confronto, dove i ruoli sono importanti, dove spesso si soffre anche se non sei figlio di separati – dice Mastandrea -, è come camminare su un campo minato senza far esplodere le mine”. L’attore (che ha da poco smesso i tragici panni di un separato e frustrato bodyguard diretto da Ozpeteck) nel film non rinuncia al suo accento romano: “Zanasi racconta una certa provincia italiana che ha fatto ricco il paese – spiega -, per questo ha scelto sei attori di regioni diverse, non ha voluto le stesse tonalità di linguaggio, ma se il film ti ha preso non ci fai caso”. “La cosa più importante era raccontare il sentimento profondo che questa famiglia condivide – gli fa eco la Caprioli -. Sul set ci sentivamo leggeri, Gianni vede il lato drammatico in chiave ironica, ci ha permesso di avvicinarci alle scene senza porte chiuse”. “La famiglia perfetta c’è solo nella pubblicità, questa ne rappresenta tante” aggiunge l’attore svizzero Teco Celio che interpreta il padre. “E’ una famiglia molto simile alla realtà – conferma Battiston -, un luogo dove spesso si sa poco gli uni degli altri”. “Anche le prostitute di solito considerate rovina famiglie qui rappresentano l’amore tenero” sottolinea Caterina Murino. Tutti recitano in modo molto naturale ma, spiega Mastandrea, nulla è affidato all’improvvisazione ma a una regia molto attenta: “E’ stato come un primo film – racconta-, Zanasi ha un modo di lavorare diverso, logora gli attori come fa con se stesso e noi ci siamo logorati con grandi sorrisi, mai tirati fuori dalla battaglia”. “Cerco di indebolire certe sicurezze degli attori per farli mettere in gioco al massimo – replica Zanasi -, con loro è stata una goduria”. Anche la sceneggiatura è stata impegnativa: “logorante ma divertente – dice il regista -, un lavoro più strutturato per costruire una cosa che stesse in piedi lasciando però libertà ai personaggi, seguendone le contraddizioni, mi sono sentito come se stessi scrivendo un film d’avventure”. Speriamo che il suo prossimo film non debba aspettare un altro decennio per vedere la luce anche se, sostiene Zanasi “la situazione produttiva complicata ha reso la vita difficile a chi ha progetti fuori linea, non ha superato i cinquant’anni e non ha amicizie potenti. Io sono positivo, ma questo meccanismo penalizza il cinema italiano”. Conferma Caschetto, per il quale produrre questo film è stato “come stare con gli indiani contro i cowboy”.
di Betty Giuliani