Diciotto anni, dieci giorni alla maturità superiore, un prof di lettere che più bastardo non si può (un incantevole Faletti), una ragazza che è la donna della tua vita ma di certo non sa neppure il tuo nome… chissà quante ne avrebbe cacciate fuori Silvio Muccino da un materiale così succulento. Nel cinema italiano, ma non solo, degli ultimi anni temi e personaggi “alla Muccino” la fanno da padrone. Che si tratti di diciottenni freschi di liceo, di trentenni freschi di laurea o di cinquantenni in crisi di mezza età vero è che tutti (proprio tutti) stanno lì col viso rivolto alle stelle facendosi le sempreverdi domande del “chi sono” e “dove vado”, senza ovviamente trovare (mai) una risposta. In opere del genere sembra d’obbligo parlare di profondità, di saggezza quasi. Certo è che viviamo in un mondo ostinato a remarci contro, forse per questo un film come Notte prima degli esami ci fa sorridere, tiene compagnia. Ma non fa riflettere su nulla, non ci sbatte in faccia delusioni, tradimenti, tristezze, non ci mostra la nostra vita ma solo quella di un gruppo sgangherato di amici il cui massimo problema è l’orale della maturità. Qua sta la piacevole essenza del film, in qualità mai come oggi tanto dimenticate quali semplicità e genuinità. Tutti possono identificarsi nei personaggi, forse a tratti stereotipi (il buffone, l’amica del cuore segretamente innamorata del protagonista, quello che si fa le canne, la svampita, la teppista…), anche se paiono anni luce distanti dai moderni diciottenni (specialmente nell’abbigliamento e nel fraseggio).
Non bisogna dimenticare che il film è ambientato nel 1989, e collocare la stessa trama ai giorni nostri avrebbe con ogni probabilità come risultato un secondo Che ne sarà di noi. Lo snodo cruciale dell’esistenza di ognuno, la maturità appunto, viene qua investito di totale positività e grande ricettività del proprio futuro. Non è un momento tragico che butta ombre sull’età adulta, bensì l’inizio di qualcosa di più grande pronto là fuori ad aspettarci. Non c’è la paura di crescere che attanaglia noi oggi, c’è più responsabilità, voglia di esserci, un’inconsapevolezza che non è qualunquismo ma la vera essenza di ciò che dovrebbe essere la vita di noi tutti, ma soprattutto è nel protagonista Luca che troviamo lo spirito del film (e forse il senso della vita)…la passione. Come dice il prof Martinelli «Non è importante quello che raggiungi ma ciò che provi mentre corri». È interessante notare come il film ruoti totalmente intorno ai ragazzi, si sente forte l’assenza degli adulti (fatta eccezione del prof e di nonna Fabrizi), genitori che entrano ed escono di scena senza lasciare traccia di sé, lontani anch’essi anni luce dalla modernità, non apprensivi, non autoritari, non onnipresenti. L’impossibilità di essere aiutati in una crescita obbligata è sottolineata da questa mancanza di punti di riferimento, che pure non sembrano creare le ansie e la dispersione mentale di oggi. Divertentissimo e supportato da una colonna sonora da cantare a squarciagola. Davvero un film d’altri tempi.
di Claudia Lobina