Per il suo primo lungometraggio Le verità, nelle sale dal 27 aprile, il ventisettenne napoletano Giuseppe Alessio Nuzzo non ha seguito la via più semplice. Ha scelto di raccontare una storia visionaria, in un film di genere complesso e poco frequentato in Italia: il thriller psicologico. Girato in cinque settimane a Vico Equense, con cast e troupe tutta di giovani under 35, co-finanziato dal dipartimento della Gioventù della Presidenza del consiglio dei ministri, il film ha per protagonisti Francesco Montanari, nei panni del giovane imprenditore che di ritorno da un viaggio in India scopre di prevedere il futuro, Nicoletta Romanoff, la compagna ignara delle sue doti paranormali, Fabrizio Nevola, il fedele amico di sempre, Anna Safroncik, misteriosa giovane artista legata a lui da inspiegabili eventi particolari.
Per sviscerare l’intricata vicenda Nuzzo ha privilegiato le ambientazioni notturne, la pioggia battente, un montaggio quasi visionario e due diversi registri di regia, alternando maniacali piani sequenza a continui stacchi. “Mi hanno aiutato a raccontare una trama così complessa e articolata per catturare lo spettatore con dubbi, scoperte e riscoperte, inversioni di rotta, falsi finali”. Una storia non di pura fantasia, racconta presentando il film a Roma insieme al cast. “Mi ha influenzato una vicenda realmente accaduta a un mio amico d’infanzia rimasto in coma per mesi. Al risveglio la vita di prima non collimava più col presente. In sceneggiatura ho cambiato un po’ le cose rispetto a quelle realmente accadute”. Le facce della stessa medaglia, infondo, non sono mai uguali. “Ci sono sempre almeno due verità – sostiene il regista-, una più chiara ai nostri occhi e un’altra più remota, nascosta. Qual è la reale faccia della verità?”.
Per Montanari è il primo ruolo del genere. “E’ una tragedia emotiva molto interessante per un attore. Ho potuto analizzare i miei lati umani di fronte a una crisi di estrema solitudine – spiega il trentaduenne attore romano -. Nei percorsi di crescita i ricordi spesso si confondono con ciò che è avvenuto realmente, il film è un pretesto per raccontare come le persone siano spesso diverse da come le vediamo”.
“Io sono l’amico discolo ma fedele, porto nel film leggerezza, ironia, un po’ del colore napoletano – sottolinea Nevola -. A noi giovani tolgono spesso la voglia di sognare, questo film mi ha ridato coraggio”.