Non esiste rifugio dal dolore
Dal 17 febbraio 2012 ha fatto la sua comparsa nelle sale cinematografiche italiane Paradiso amaro, la nuova pellicola di Alexander Payne, con protagonista George Clooney, già distribuita negli Stati Uniti a partire dal 18 novembre 2011 e basata sul romanzo di Kaui Hart Hemmings dal titolo Eredi di un mondo sbagliato. Il lungometraggio, che ha ottenuto cinque candidature agli Oscar (tra cui miglior film, miglior regia e attore), racconta la storia di Matt King, affermato avvocato cinquantenne, erede di una facoltosa famiglia hawaiiana che, dopo aver visto la moglie Elizabeth entrare in coma irreversibile a seguito di un drammatico incidente nautico, si ritrova a mettere in discussione tutta la sua vita, fino ad allora totalmente incentrata sugli affari, a discapito della famiglia. A complicare ulteriormente un periodo tanto delicato per l’uomo, si aggiungeranno anche la dura scoperta dell’infedeltà di sua moglie e i dilemmi in merito alla difficile decisione di concludere o meno la vendita milionaria di un terreno di famiglia bramato da un gruppo di ricchi e avidi speculatori. La sua esistenza subirà, quindi, una radicale scossa che lo porterà inevitabilmente a riconsiderare il suo passato di marito e padre assente e, soprattutto, ad impegnarsi per costruire un futuro migliore all’insegna di un ritrovato rapporto con le figlie Alexandra e Scottie.
Un film, dunque, in apparenza fortemente drammatico per le tematiche estremamente serie su cui viene incentrato, come il mistero della morte, il tradimento, le incomprensioni familiari e l’ambientalismo, ma che ci riserva la sorpresa inaspettata di una svolta tragicomica sapientemente ottenuta mediante il ricercato equilibrio di lacrime e sorrisi. Ed è proprio lasciando che la commedia faccia dolcemente capolino anche nelle scene più tristi che il regista riesce a rivelare i contrastanti stati d’animo di chi si sta preparando ad affrontare una perdita importante, esplorando minuziosamente il sottile confine tra la sofferenza causata dal distacco di una persona amata e le sensazioni di rabbia, impotenza, incredulità e rassegnazione che spesso l’accompagnano. Intelligente la scelta di vincere la tentazione di riproporre il tema dell’eutanasia, già ampiamente affrontato nelle modalità più svariate in molteplici pellicole cinematografiche, che avrebbe probabilmente finito con l’annoiare lo spettatore. Ottima l’interpretazione di Clooney nell’atipico ruolo di padre e accattivante l’idea di ambientare vicende e situazioni altamente dolorose sullo fondo paradisiaco delle Hawaii, un luogo che si crede fatto unicamente di mare, spiagge, balletti e divertimento, ma in cui non è assente quella dose di amara sofferenza che accompagna, indiscriminatamente, la vita di ogni uomo.