di Fred Vargas, Einaudi 2004
Nel terzo libro dedicato alle indagini del commissario Adamsberg, dopo L’uomo a rovescio e prima di Sotto i venti di Nettuno, ci troviamo a che fare con quella che sembra una “pestilenza” nella Francia contemporanea. Joss il bretone, dopo aver discusso una volta di troppo con il suo armatore, si reinventa banditore di piazza, annunciando alla folla qualunque messaggio venga lasciato nel suo raccoglitore. Tra i tanti stravaganti messaggi ce n’è qualcuno, inquietante, che annuncia il ritorno della peste in Francia. Segue una serie di morti che scatena una vera e propria psicosi durante la quale la superstizione sovrasta la scienza: simboli sulle porte delle case, caccia agli untori, riti scaramantici.
Ufficialmente l’ultima volta che la peste ha colpito la città di Parigi è stato nel 1699 ma a quanto pare nel 1920 c’è stato un breve e fugace ritorno della “morte nera” con 106 casi accertati e una trentina di morti. Nulla a che vedere con i milioni di morti che fecero le ondate precedenti, ma quegli anacronistici focolai hanno dato lo spunto alla scrittrice/archeologa nonché amante della storia Fred Vargas per ideare un complotto dal sapore antico. Il giallo si mescola spesso tra le righe della scrittrice francese con l’erudizione, anche grazie alle citazioni dell’aiutante di Adamsberg, Adrien Danglard, il suo coltissimo angelo custode.
La Vargas fa bene a insistere sui suoi ben congegnati personaggi: da Adamsberg, detective che sfugge ai cliché tradizionali del genere poliziesco con il suo approccio intuitivo e sognante, al suo vice Danglard pragmatico e intellettuale, che bilancia il metodo caotico del suo superiore con un ragionamento più logico. L’interazione “yin e yang” tra questi due personaggi è una delle colonne portanti dei romanzi dell’autrice e contribuisce a creare atmosfere uniche di tensione mista a ironia.
La forza di Vargas risiede poi nella capacità di creare atmosfere: i vicoli di Parigi, le stranezze dei personaggi secondari, le ombre che sembrano addensarsi attorno al mistero della peste. È una Parigi che affascina e inquieta al tempo stesso, una città che, come negli altri romanzi, non è una cartolina turistica ma un calderone fuligginoso di ombre e sospetti, in questo caso addirittura dal sapore medievale. C’è una sorta di sospensione tra il reale e l’irreale, che cattura il lettore e lo spinge a interrogarsi non solo su chi sia l’assassino, ma anche sul significato più profondo della vicenda. La peste, in fondo, è un simbolo di paura atavica, di una minaccia che incombe sulla nostra fragilità di esseri umani.
Nel complesso, Parti in fretta e non tornare è un romanzo che funziona ma fino a un certo punto. Questo viaggio nei recessi oscuri della storia e della psiche umana forse non è la migliore opera della scrittrice parigina: alcune evoluzioni sono un po’ annunciate, ma a questi personaggi siamo troppo affezionati per giudicarli con lucidità e freddezza. Ne vogliamo ancora.
Della stessa autrice Io sono il Tenebroso, Il morso della reclusa, Nei boschi eterni, Un luogo incerto, Tempi glaciali, Un po’ più in là sulla destra, Chi è morto alzi la mano, L’uomo dei cerchi azzurri, L’uomo a rovescio, Sotto i venti di Nettuno, La cavalcata dei morti, L’umanità in pericolo, Prima di morire addio, Sulla pietra