Classe 1976, una tesi di laurea al Dams su Peter Greeneway e una seconda in fieri in filosofia teoretica, Louis Nero ha tutti i difetti di chi ha abbandonato per strada l’umiltà e si accinge a esternare i suoi sermoni insopportabili ad un gruppo di fedeli, ovvero alcolizzati di cinema, che a furia di guardare Godard o Lynch hanno perso il senso della misura. Uno di quelli imbacuccati sotto a un cappellaccio, barbuto, saccente all’inverosimile, solo con queste caratteristiche “lombrosiane” si può raccontare una notte torinese in un unico piano sequenza di ben due ore e tre minuti senza sospettare in spettatori comuni (quelli, per intenderci, che ancora sperano che il nuovo cinema italiano possa sorprendere in positivo…) un ferale colpo di sonno. Questo piccolo film low budget di Nero può servire come spunto su cosa significhi, oggi, andare al cinema, quando tanti nelle pareti domestiche hanno la possibilità di farsi un teatro ad hoc, invitando le persone affini a scegliersi in DVD qualsiasi genere cinematografico.
La fruizione nelle sale presuppone un momento di socializzazione e il famoso dibattito oppure si condivide con altri esseri umani sempre più abituati alla televisione e quindi ciarlieri e dotati di un’attenzione continua che non va oltre i cinque minuti, un rito quindi, quello del cinema, che non ha più ragione di essere. Ma se un’opera prima snocciola monologhi e dialoghi in cui si sfoggia la conoscenza di Feuerbach, Cartesio e altri sapienti, a trecentosessanta gradi, che cinema è? Perché scomodare un filosofo per sembrare più intellettuali? Alla fine era necessario iniziare un dialogo di intrattenimento pre-sessuale con “L’uomo è ciò che mangia” da parte di un professore molto pensoso che si sbaciucchia con una prostituta attanagliata da un malessere esistenziale insostenibile? Penserà al prezzo spropositato dei preservativi o a un weekend prossimo nella Gallura? È irritata dall’ultimo giallo di Giorgio Faletti? (Ah un minimo di stupidità ilare!). I personaggi nelle notte torinese di Nero hanno l’appeal che si prova verso i dentisti. Vanno sopportati o ci si fa rimborsare il biglietto.
di Vincenzo Mazzaccaro