Gli anni ’70 delle contestazioni, dell’emancipazione femminile, degli scontri di piazza, sono al centro della terza serie di L’Amica Geniale, Storia di chi fugge e di chi resta, tratto dall’omonimo terzo libro della quadrilogia bestseller di Elena Ferrante, in onda per quattro prime serate su Rai 1 da domenica 6 febbraio. Una storia epico-domestica, prodotta da Fandango, The Apartment, Fremantle e Wildside con Rai Fiction e HBO Entertainment .
Alla regia debutta Daniele Luchetti, che riporta sul piccolo schermo Gaia Girace nei panni di Lila e Margherita Mazzucco nelle vesti di Elena Greco, diventate donne.
La vita le ha costrette a crescere in fretta. Lila si è sposata a sedici anni, ha un figlio piccolo, ha lasciato il marito e l’agiatezza, lavora come operaia in condizioni durissime. Elena è andata via dal rione, ha studiato alla Normale di Pisa e ha pubblicato un romanzo di successo. Ambedue hanno provato a forzare le barriere che le volevano chiuse in un destino di miseria, ignoranza e sottomissione. Ora navigano nel grande mare aperto degli anni Settanta, uno scenario di speranze e incertezze, di tensioni e sfide fino ad allora impensabili e, pur divise dalle scelte e dalle opportunità, sempre unite da un legame fortissimo e ambivalente, nella dolorosa e inevitabile alternanza di esplosioni violente o di incontri che riservano loro prospettive inattese.
Una serie produttivamente ‘esplosiva’, visti i costi vertiginosi per aggiornare le spettacolari scenografie, 81 attori e 5200 comparse,2000 costumi, centinaia di auto d’epoca, duecento persone dietro le quinte, tre mesi di riprese (frammentati dal Covid) tra Milano, Torino, Pisa, Firenze, Napoli, Caserta. Ma già venduta in più di 130 Paesi, con in testa Cina e Sud America dove è ormai un cult.
Per gli sceneggiatori Francesco Piccolo e Laura Paolucci, nonostante i suggerimenti via mail della Ferrante, non era facile dribblare la retorica che avvolge quegli anni caldi, riuscire a invogliare i ragazzi dai 14 ai 21 anni che seguono questa fiction a fare un’analisi politica e sociale di un periodo tanto diverso dal loro.
Dal canto suo Luchetti, ricevuto il testimone da Saverio Costanzo, si è impegnato per raccontare in modo veritiero e interessante il tentativo di “liberazione” delle donne di quell’epoca. Ha girato velocemente e molte volte le scene, devastati dal freddo e dalle mascherine, senza usare trucchi speciali per ‘invecchiare’ le due adolescenti protagoniste, istruendo i ragazzi del cast alle tematiche sessantottine a loro sconosciute. “Mi sono trovato spesso a spiegare a persone molto più giovani di me cosa fosse stata la rivoluzione dei costumi degli anni ‘70 e a chiedere loro di identificarsi in quei tentativi di cambiamento e dissoluzione, per poterne rappresentare credibilmente quell’energia dubbiosa che ne costituiva la materia – spiega il regista, presentando la serie online con attori e produttori -. Ho dovuto spiegare come si parla di ideologia, come fare un discorso politico senza diventare ridicoli. Come si fa a far credere al pubblico che i personaggi stiano vivendo uno smottamento culturale che è partito dai convenzionali anni ’60 e che ha portato ad un nuovo modo di vedere le cose. La storia di Lila e Lenù è sempre la stessa e sempre differente, profonda, fine e popolare”.
Il lavoro più impegnativo è stato per Margherita e Gaia, che dovevano, nonostante la loro giovane età, rappresentare donne che crescono, cambiano, vivono desideri e maturità di donne più grandi di loro. E si sono identificate nei loro personaggi.“Elena è più determinata di me –racconta la diciannovenne Margherita -. Ho letto libri e visto filmati sugli anni ’70 che non conoscevo. Le scene più belle erano quelle con mio marito e le mie figlie, ho dovuto imparare a gestire una famiglia, la casa, a diventare immune al pianto di un neonato. Ho vissuto sulla mia pelle la crisi personale della protagonista che cerca di capire chi è”.
“Io sono determinata, impulsiva e sfacciata come Lila – confessa Gaia -. Per fortuna oggi i giovani stanno imparando a rivendicare i loro diritti, tornano a protestare in piazza, fanno cortei, occupano le scuole. Questa serie può sostenere il loro nuovo coraggio”.