Un festival con tante anime, tra prototipi, film sperimentali, grandi maestri e giovani registi
Sarà la mostra più giovane, più sobria e più ricca di “fuori formato”. Così si presenta la 67a edizione della Mostra internazionale d’Arte Cinematografica che si terrà al Lido dall’1 all’11 settembre. Un fiume di prototipi, film sperimentali, grandi maestri che passano al documentario, e una generazione di giovani registi con età media di 47 anni, autori che scavalcano steccati, generi e filoni. «Una mostra a tre anime – spiega il dierttore artistico Marco Muller – contraddittoria, fedele alla dicitura di internazionale d’arte, che non separa autore e industria». Un cartellone “mostro”, magmatico, con in tutto quarantuno film italiani tra il concorso, il fuori concorso, l’ancor più sperimentale categoria Orizzonti e il Controcampo italiano. Non c’è un percorso unico, tranne il concorso con ventitré titoli, compreso uno a sorpresa (forse The Tourist di Florian Henckel von Donnersmarck che porterebbe al Lido le superstar Angelina Jolie e Johnny Depp, o forse Tree of life di Terrence Malick con Sean Penn e Brad Pitt).
Una ”mostra-laboratorio” che si aprirà alla grande con Black Swan del geniale Darren Aronofsky con Natalie Portman, già ribattezzato il thriller lesbo, oltre ai quattro italiani di Saverio Costanzo, Ascanio Celestini, Mario Martone, Carlo Mazzacurati. E ancora l’atteso Somewhere di Sofia Coppola con una storia di vuoti affettivi; il francese Happy Few di Antony Cordier, su due coppie e i loro fragili sentimenti; il ritorno d regista settantottenne Monte Hellman con il noir Road to Nowhere con Dominique Swain; Pablo Larrain con Post Mortem, storia d’amore ambientata nel Cile del golpe del ’73; La versione di Barney di Richard J. Lewis con Dustin Hoffman e Paul Giamatti; il nuovo Kechiche (Cous Cous) con Venus Noire; Potiche di Ozòn con la coppia Depardieu-Deneuve; Alex de la Iglesia con La balada triste de trompeta con Carmen Maura sui drammi della guerra civile spagnola; l’atteso Miral dell’eclettico Julian Schnabel con Freida Pinto, dal libro di Rula Jebreal che racconta l’anima lacerata dei giovani palestinesi; Attenberg della giovane greca adottata dagli americani Athina Rachel Tsangari; il triangolo amoroso Drei di Tom Tykwer e il terzetto asiatico con Miike Takashi, Tran Anh Hung e Tsui Hark.
Fuori concorso la serata d’apertura-omaggio a Bruce Lee (Legend of the Fist: The return of Chen Zhen di Andrew Lau), l’adrenalico Robert Rodriguez con il film di apertura Machete e la chiusura con The tempest di Julie Taymor e Helen Mirren. E ancora, l’opera seconda di Ben Affleck (The Town) che documenta l’anno perduto di Joaquin Phoenix; Marco Bellocchio con un cast familiare per Sorelle mai, il film su e con Ligabue; l’omaggio a Dante Ferretti; quello di Tornatore a Goffredo Lombardo fondatore della Titanus; il restaurato The Last Movie in ricordo di Dennis Hopper, un 3d italiano di animazione firmato Nadia Ranocchi e David Zamagni. E ancora, l’atteso e già discusso Vallanzasca di Michele Placido; un Turturro napoletano e un romantico Scorsese con A letter to Elia (Kazan) e asiatici vari a pioggia.
Un’edizione che, sottolinea il presidente della Biennale, Paolo Baratta, nasce all’insegna della “sobrietà”, che farà anche slittare i lavori dell’atteso nuovo palazzo del cinema al 2012 (ritardo però smentito dal sindaco di Venezia, Girgio Orsoni, che conferma la fine dell’opera per il 2011). «Il nostro budget è di dodici milioni, di cui dieci di spese vive, con sette milioni e settecentomila euro coperti dallo stato, il resto dagli sponsor che hanno tutti riconfermato» sottolinea Baratta. Che in nome dell’austerity dice addio alla mega festa d’ apertura sulla spiaggia dell’Excelsior, sostituita da una modesta cena a buffet. «Meno risorse si fanno sentire», continua, annunciando un nuovo spazio per le varie film commission italiane e un accordo triennale con l’Anica per incontri di settore sui problemi dell’economia cinematografica.