Ciò che accade dopo la morte. Ma solo se da un qualche Cielo si guarda di sotto e si segue, passo passo, attimo per attimo, la vita di sotto. Da Creature del cielo a questo Amabili resti il mondo è questo: è l’aldilà. È li che si trovano, dopo essere state uccise, entrambe le protagoniste dei due film, il primo nato da una storia vera (e girato da un Peter Jackson ancora sconosciuto), l’altro ispirato all’omonimo e bellissimo romanzo di Alice Sebold , girato da un Jackson ormai notissimo e regista cult dopo la “trilogia dell’anello”, dal 5 febbraio sugli schermi italiani e, intanto, presentato da Jackson, in Italia con la protagonista Susie Salmon (candidata all’Oscar lo scorso anno come attrice non protagonista per Espiazione). E film con una particolarità: Amabili resti (suggestivamente musicato tra note di Brian Eno e silenzi ad arte) è il suo primo film girato in parte fuori dalla Nuova Zelanda « Ma solo perché la scrittrice – racconta Peter Jackson – ci ha parlato di alcuni luoghi legati alla sua infanzia in America e al libro ma non direi che questo è un film americano. Anzi io sono un alieno a Hollywood, non sono collegato a quell’industria e neppure a quel tipo di vita o a quello stile omologato. Sono un neozelandese convinto che la cosa migliore da fare è continuare a lavorare nel proprio paese e tenersi alla debita distanza dai condizionamenti di Hollywood, come fate voi europei ».
Ma perché ripartire da dopo la morte? Perché di nuovo un aldilà? « Non so nulla di ciò che accade dopo la morte, mi piacerebbe spiegare con una ragione scientifica che lo spirito deve sopravvivere, che non tutto di noi può morire. Cioè io voglio credere che ci sia una continuazione ma il film è intrattenimento e non deve in nessun modo farci pensare a ciò che avviene nell’aldilà. È un’altra storia che ha a che vedere col senso di nostalgia, di vendetta, soprattutto col senso dell’amore. Ma la ragione per cui ho voluto portare questa storia al cinema stava in una sfida: riuscire a fare su una cosa del genere un film divertente, pieno di umorismo e credo che alla fine ci si è riusciti perché Susie la protagonista non muore mai, continua a vivere sia pure in modo diverso. Il messaggio è qui e, ovviamente, ha molto a che vedere con l’amore, col fatto che l’amore cambia, che si può continuare ad amare anche in modo diverso, che si deve ». Ma l’ha fatto e ha scelto questi toni anche pensando a sua figlia adolescente? « Sì, ho pensato che volevo fare qualcosa che anche mia figlia avrebbe potuto vedere e da cui lei o i giovani potessero imparare », risponde Jackson con accanto a lui la protagonista, prima scelta, « Fatta quando ancora girava Espiazione e proprio perché rispetto ad altri suoi coetanei aveva una recitazione non omologata, non troppo stile “Disney Channel” e perfetta per dar voce a una ragazzina degli anni Settanta ».
Così come prima scelta è stata quella di Stanley Tucci, perfetto killer anonimo capace di camuffarsi nella sua noia, con tanto di parrucca e lenti a contatto azzurre « Anche se credo sia stato terrificante un ruolo del genere per un padre di tre figli » e come Susan Sarandon, « Donna capace di prendere tutto con ironica leggerezza ». Ma loro due non ci sono a Roma mentre è Saoirse che ci racconta di essersi « Immersa negli anni Settanta sentendo la musica di quegli anni, leggendo i giornali di allora ed è stato un calarsi totale in quel mondo perché Susie è un’adolescente tipica. Per me è stato davvero difficile pensare alla sua vita rubata ma proprio questo mi ha aiutato ad entrare nel personaggio, questa assurdità tragica ». Il resto è immaginario. E credenza nell’immaginario. Per lei ma anche per Jackson che ci ripete: « Quando si chiede al pubblico di intraprendere una fuga nell’immaginario per due ore dobbiamo riuscire a fargli credere tutto. È una sorta di contratto, di accordo tacito tra regista e pubblico: bisogna credere assolutamente che tutto che si vede sia vero e mai scherzare su questo, non a caso anche ne Il Signore degli Anelli ho cercato di girare le scene, anche le più incredibili, nel modo più realistico e spontaneo possibile ». Non male per un regista che cita Hitchcock ma per chiarire: « Lui diceva che i film sono pezzi di vita, per me i film sono pezzi di torta perché voglio intrattenere il pubblico, voglio farlo evadere anche se non dal pensiero, ma dalla sua vita quotidiana. Anche per me il cinema è sempre stato evasione ».