Il difficile rapporto tra padri e figli, la relazione tra uomo e natura, la perdita e il ritrovamento dei valori, sono al centro di Aspettando Re Lear diretto da Alessandro Preziosi, che ne è anche interprete con Nando Paone, al Teatro Quirino di Roma dal 5 al 17 novembre. Un adattamento da Shakespeare con un evidente richiamo a Aspettando Godot di Samuel Beckett in cui si parla di follia, di potere che distrugge, di solitudine di caos dentro e fuori.
“Ho immaginato un Re non semplicemente arrivato alla fine dei suoi anni, ad un passo anagraficamente dalla morte, ma piuttosto spinto dalle circostanze e dalla trama a cercare nella maturità, e non nell’età, il tassello conclusivo della propria vita – spiega Preziosi -. L’impazienza che accompagna il rocambolesco circolo di eventi in cui Re Lear travolge prima di tutto sé stesso e quindi gli altri, mi ha suggerito di creare uno spazio mentale teatralmente e scenicamente reso materico dalle opere in scena”.
In scena ci sono le opere e i costumi iconici del maestro Michelangelo Pistoletto, le musiche di Giacomo Vezzani ispirate ad opere dell’artista in una commistione multidisciplinare tra arte contemporanea e teatro- “Ho condiviso la messa in scena dei presupposti del Terzo Paradiso, la terza fase dell’umanità, che si realizza nella connessione equilibrata tra l’artificio e la Natura – spiega ancora Preziosi -. L’uomo deve cercare di non essere debitore alla Natura di ciò che indossa: il senso dell’abito, del superfluo, dello stretto necessario sono tematiche di Pistoletto che porto a teatro. L’uomo nella sua nudità trova sé stesso, e così anche noi attori durante lo spettacolo veniamo privati dei vestiti, per farci vedere per quello che siamo”.
L’adattamento di Tommaso Mattei, si concentra sul momento chiave della tragedia shakespeariana, rappresentato dalla tempesta che colpisce il re proprio mentre vaga alla mercè degli eventi atmosferici dopo il disastro combinato con ognuna delle “amate” figlie. Re Lear è la metafora della condizione umana: caduta e creazione. Ama solo sé stesso, la mancanza d’amore l’ha portato alla follia e alla solitudine; vaga in una landa di nulla con cui il sovrano senza più corona dovrà fare i conti. A pagare le conseguenze della “cecità” dei padri, dovranno esserei figli?