Dal 14 settembre in sala
33 anni dopo Alien il regista Ridley Scott torna alla fantascienza, con “Prometheus”, l’avveniristica nave spaziale lanciata alla scoperta delle origini della vita umana. Per il suo primo film in 3D ha scelto come protagonisti Michael Fassbender, nel ruolo di un arguto androide; Noomi Rapace, la motivata e religiosa archeologa e Charlize Theron, l’algida e misteriosa capo missione. La pellicola (distribuita dal 14 settembre nelle nostre sale dalla Fox forte dei quasi quattrocento milioni di dollari già incassati nel resto del mondo), spaziando tra avventura, azione, horror e filosofia spicciola, ci mostra con abbondanza di stupefacenti effetti speciali, il viaggio di una squadra di esploratori alla scoperta dei segreti che avvolgono il senso della vita, tra battaglie contro violentissime, mostruose creature destinate alla distruzione del pianeta Terra.
Scott (che ha scritto la sceneggiatura con Jon Paihts e Damon Lindelof e coprodotto il film), dopo aver diretto pellicole di tutt’altro genere, da tempo voleva tornare alla fantascienza. Consapevole però dell’abuso di mostri nel cinema di questi ultimi anni, ha creato una nuova mitologia intorno a cui sviluppare la storia. «L’appassionato riconoscerà dei filamenti del dna di Alien – dice -, ma le idee affrontate in questa pellicola sono uniche, approfondite e provocatorie».
Ha dunque sviluppato temi come l’origine della specie e l’eterno scontro tra scienza e fede. «Abbiamo chiamato il film Prometheus – spiega l’autore di Blade Runner – perché la metafora centrale della pellicola riguarda il Titano greco Prometeo, che sfidò gli dei dando agli esseri umani il dono del fuoco, azione per cui venne orribilmente punito. Abbiamo affrontato il rapporto dell’umanità con gli dei, gli esseri che ci hanno creato, e quello che succede quando li sfidiamo».
Il progetto Prometheus ha avuto inizio con una figura appena accennata in Alien e che sembrava dimenticata. Ma questo essere misterioso (Space Jockey, la gigantesca creatura fossilizzata con il petto squarciato) gli era rimasto in mente. «Da allora mi chiedevo chi era, da dove veniva, qual era la sua missione, che tecnologia possedeva – racconta il regista -. Il progetto ha dunque preso corpo anni fa come prequel di Alien, ma poi si è evoluto in un altro universo. Nel processo creativo per sviluppare il film è emersa una nuova, notevole mitologia in cui si sarebbe svolta la storia, proprio il racconto di genere che stavo cercando».
Durante il viaggio per incontrare quelli che alcuni scienziati ritengono essere stati i loro ‘creatori’, quelli che potrebbero aver generato la vita sul nostro pianeta, l’equipaggio della nave spaziale e la grande corporation che sta finanziando questa missione costosissima stanno sfidando gli dei. E, come potrebbe testimoniare il personaggio della mitologia greca da cui la navicella prende il nome, sfidare gli dei può rivelarsi una pessima idea. L’equipaggio della Prometheus ritiene di essere diretto verso il paradiso, dove scoprirà le risposte alle domande sull’esistenza, ma si ritroverà in un mondo oscuro e spaventoso, freddo e implacabile, che assomiglia più all’inferno che al paradiso.
«Questo suscita una domanda – sostiene Scott -:quali sono le conseguenze di un incontro con un essere superiore, le cui capacità sono infinitamente superiori alle nostre, tanto da renderlo simile a un dio?». Forse è meglio non aprire il vaso di Pandora, perché, come ha detto il celebre astrofisico Stephen Hawking nel suo programma televisivo Into the Universe with Stephen Hawking «Se gli alieni venissero a farci visita, il risultato sarebbe simile allo sbarco di Colombo in America, che non si è rivelato un evento positivo per i nativi americani. Basta osservare noi stessi per capire come la vita intelligente può svilupparsi e diventare qualcosa che non vogliamo incontrare».
I personaggi femminili forti sono un marchio di fabbrica di Ridley Scott (da Sigourney Weaver in Alien, a Geena Davis e Susan Sarandon in Thelma and Louise, Demi Moore in Soldato Jane, Eva Green ne Le crociate, Connie Nielsen ne Il gladiatore). Anche Prometheus ha due formidabili protagoniste: Elizabeth Shaw, (Naomi Rapace) è una scienziata pieno di fede e speranza che si trasforma in una guerriera quando si ritrova di fronte a un pericolo. Vickers (Charlize Theron) rappresenta gli interessi della megacorporation che ha finanziato il viaggio in un mondo distante e sconosciuto per scopi all’inizio misteriosi.
«Noomi mette assieme un’intelligenza e una fisicità rare – sottolinea Scott -. Nel film Uomini che odiano le donne era così convincente che quando l’ho incontrata mi aspettavo una persona dura, invece è adorabile. Era un mix perfetto per interpretare Shaw». Quando Charlize Theron ha accettato la parte, Vickers è diventato un personaggio molto più complesso, una manager che pensa soltanto agli affari, rivela Lindelof. «Io e Charlize abbiamo lavorato insieme per fornirle maggiore profondità, il pubblico amerà odiarla, ma quando traspare la sua vulnerabilità iniziamo a capire come e perché è diventata così cinica e dura. Questo la rende molto più interessante come antagonista di Shaw». «Lei è un’enigma e il mistero che la circonda mi è piaciuto molto – racconta la Theron -. È pragmatica e vuole disperatamente controllare la situazione. Ostacola gli sforzi degli altri perché ha degli obiettivi personali, sta nascondendo qualcosa».
David (Michael Fassbender), è una sorta di maggiordomo-androide creato dalla corporation. «È il governante che fa la guardia alla nave spaziale e ai suoi membri, ibernati durante questo viaggio lungo due anni – spiega l’autore -. Pensa che la missione sia ridicola e non mostra alcun rispetto per gli umani che l’hanno creato. «È geloso ed arrogante, perché capisce che la sua conoscenza è straordinaria, superiore a quella degli umani – aggiunge Fassbender -. Vuole essere riconosciuto e apprezzato per il suo valore, ma nessuno perde tempo con lui, non lo accettano e questo gli dà fastidio. E proprio come un bambino, ma molto deciso nelle scelte che compie».
In Prometheus buona parte dei set, degli oggetti di scena e degli stunt sono concreti, non generati al computer. Uno dei più grandi parco giochi alieni del mondo. Girato per 15 settimane (le riprese sono cominciate nell’agosto del 2010) nei cinque teatri di posa dei Pinewood Studios in Inghilterra, (tra cui il celebre “007 Stage” uno dei maggiori teatri di posa europei di circa 4.700 metri quadrati), su cui hanno costruito 16 set. Poi si sono spostati in Islanda per girare il prologo (nella spettacolare cascata di Dettifoss) e le sequenze conclusive del film, mentre uno dei vulcani più attivi minacciava di eruttare.
Arthur Max ha ideato le navicelle, i veicoli, il pianeta in cui si dirige la spedizione e tutte le strutture che scoprono lì. «Una navicella all’avanguardia, dotata della tecnologia necessaria per arrivare nelle profondità estreme della galassia – spiega – . Abbiamo studiato attentamente i progetti della NASA e dell’Agenzia spaziale europea, giocando con queste idee e cercando di capire come sarebbero stati i viaggi spaziali nella prossima generazione».