L’attore romano porta la sua grande passione in Tv, in un film in due puntate
Raoul Bova sognava da una decina d’anni di realizzare un film sul nuoto, lo sport che ha praticato sin da piccolo fino al livello agonistico e che la Tv ha finora ignorato. Martedì 1 e mercoledì 2 marzo vedremo l’attore romano tornare al suo primo “amore” su Canale5 nel telefilm Come un delfino, miniserie prodotta con la moglie, Chiara Giordano, diretta da Stefano Reali e con la colonna sonora di Ennio Morricone. In primo piano gli atleti che sanno affrontare le proprie debolezze, l’ansia della prestazione e il terrore di essere abbandonati quando non vincono. Ma anche un telefilm sul coraggio di compiere scelte diverse e sulla consapevolezza che la vita riserva sempre una seconda possibilità. Nel nutrito cast, con Ricky Memphis, Maurizio Mattioli, Barbora Bobulova, compaiono anche, in via amichevole, star dello sport come Domenico Fioravanti, Alessia Filippi, Luca Marin, Filippo Magnini, Mattia Aversa, con il prezioso contributo della Federazione Italiana Nuoto che ha messo a disposizione atleti e strutture come lo Stadio del Nuoto dei Mondiali 2009, ripreso durante gare reali.
Lo sport veicola anche un messaggio sociale, diventando uno strumento per togliere i giovani dalla strada e sottolineare i veri valori della vita. «Il nuoto per me è stata un’esperienza meravigliosa, ho passato tutta l’infanzia e l’adolescenza in piscina – racconta Bova -. Non riuscivo però a scrivere una storia che reggesse la tensione di un film, poi ho conosciuto don Luigi Merola che toglie i ragazzi dai vicoli di Napoli e cerca di dar loro una speranza per un futuro migliore. Un eroe che combatte ogni giorno la malavita organizzata, che vive sotto scorta e che ha trasformato una villa confiscata alla Camorra nella sua casa-famiglia». Come un delfino, girato tra Roma e le Isole Eolie, racconta la storia di Alessandro (Bova), un campione di nuoto che, al culmine del successo, deve ritirarsi per problemi cardiaci. Metterà dunque la sua esperienza di sportivo e la sua umanità nel recupero di un gruppo di ragazzi difficili, ospiti di una comunità gestita da un suo amico sacerdote (Memphis).
Per il presidente della Federazione Nazionale Nuotatori, Paolo Barelli, «Partecipare alla produzione di un lungometraggio sul nuoto ci consente di promuovere con maggiore impulso le nostre discipline sportive che sono tra le più complete e salutari. Lo sport, e il nuoto in particolare, è lo strumento migliore per trasmettere ai giovani sani principi e questo film è il miglior veicolo per la divulgazione degli stessi. Vedere che Raoul Bova, un nostro tesserato, un ex agonista, un attore affermato in tutto il mondo, ne sia produttore e protagonista, accresce l’orgoglio di tutti coloro che fanno parte della grande famiglia del nuoto azzurro». C’è molto di Bova in questa storia. «Il mio rapporto con l’acqua è stato sempre molto intenso sin da quando, a quattro anni, mio padre mi buttò giù dalla barca, e non sapevo nuotare. Per pochi secondi ho rischiato di annegare, fu un attimo eterno, di terrore, lo racconto nel film».
E c’è anche la casa-famiglia, come quella che Raoul sta realizzando con la moglie nella periferia romana, per sostenere valori di giustizia, combattere l’indifferenza e la prevaricazione attravero l’impegno della sua onlus “Coloriamo i sogni” (www.fondazionecoloriamoisogni.it) che ha già portato aiuti ai bimbi della disastrata isola caraibica di Haiti. L’attore ringrazia Pier Silvio Berlusconi: «È stato proprio lui il primo a credere in questo progetto – ricorda – perché siamo tutti e due appassionati dello sport e dei suoi valori». «Una storia che potrebbe quasi sicuramente avere un seguito perché – spiega il direttore della fiction Mediaset Giancarlo Scheri – stanno scrivendo la sceneggiatura per altre puntate».