Il protagonista indiscusso del cinema politico degli anni Settanta arriva a Roma per presentare Lions for Lambs, un chiaro attacco all’amministrazione Bush ed agli effetti della sua guerra
In un Festival caratterizzato da illustri defezioni, ultima delle quali quella di Martin Scorsese, finalmente arriva una vera star per calibro artistico ed il forte interesse politico dimostrato lungo il percorso di una intera carriera. Robert Radfrod, protagonista del miglior cinema hollywoodiano degli anni settanta, arriva sul red carpet di Roma, che per altro non calpesterà per problemi fisici, per presentare il suo ultimo film Lions for Lambs ( Leoni per agnelli). A più di trent’anni da Il Candidato e Tutti gli uomini del Presidente, Redford continua la sua attività all’insegna dell’impegno sociale grazie ad un film che, prendendo spunto dalla guerra in Iraq, va oltre la singola problematica per approfondire una discussione su vittime e carnefici all’interno della stessa organizzazione militare americana. Un film pieno di star hollywoodiane, Meryl Streep e Tom Cruise ( anche lui presente a Roma con l’inseparabile Kate) che spara a zero sull’amministrazione Bush prendendosi dei rischi altissimi. Il risultato è una sensazione di profonda comprensione e condivisione, potendo finalmente apprezzare il profilo migliore di un paese che in questi ultimi anni ha perso drammaticamente di credibilità di fronte al mondo. Ingannata, sopraffatta da una guerra incomprensibile ed assolutamente inutile come solo i conflitti armati possono essere, il paese confuso e dubbioso di Redford guadagna in simpatia e sostegno. Finalmente spogliata dalla supponenza del governo Bush, l’America pone e soprattutto si pone dei giusti interrogativi sulla condizione di estrema crisi in cui sembra essersi risvegliata dopo un grande sonno. “ L’insabbiamento della verità ha messo la reputazione del nostro popolo in pericolo nel mondo. Abbiamo mandato tanti giovani a morire nel nome della bugia colossale. Il dollaro si è svalutato, la simpatia nei nostri confronti è sparita. Il Congresso statunitense, i media, il pubblico sono stati travolti e non hanno reagito. Il mio film ricorda tutto questo e non senza rabbia.” La composta consapevolezza di Redford affascina e coinvolge, tanto che in meno di cinque minuti il ritardo di tre quarti d’ora è totalmente perdonato, se non dimenticato. La sensazione è quella di trovarsi di fronte ad un uomo ed artista che non ha mai perso contatto con il mondo che lo circonda, credendo e confidando in una intelligenza globale. “ Negli anni ho scelto di scagliare una freccia contro alcune delle cose che accadevano nel mio paese e che non mi piacevano, poi mano a mano ho direzionato meglio il tiro adattandomi proprio al cambiamento dei tempi. Tutti gli uomini del Presidente segnava un momento incredibile per la stampa, grazia alla quale il primo emendamento è stato salvato da un totalitarismo annunciato. Ora è arrivato il momento di porsi delle domande. Quali condizioni hanno portato a tutto questo? Qual’è il ruolo della scuola e della cultura oggi? E i nostri giovani debbono farsi sentire oppure è giusto che voltino le spalle a determinate situazioni troppo disgustati e delusi dalla scarsa etica dimostrata dalla leadership? “
Per sua natura si definisce un ottimista/pessimista e crede fermamente che la situazione cambierò per il semplice fatto che è la storia stessa a non essere mai immobile. Eppure, nonostante un passato così chiaramente schierato ed un ritorno a problematiche politiche da parte di altri registi, Radford non crede assolutamente che la macchina cinematografica abbia il ruolo di educare ed indottrinare attraverso una chiara attività di propaganda. “ Credo che il cinema debba porre soprattutto delle domande senza fare propaganda. Il massimo sarebbe fare dello spettacolo ed allo stesso tempo raccontare delle cose importanti.” Dopo le battaglie sostenute negli anni settanta sempre cercando di rimanere fuori dai riflettori, oggi, il direttore del Sundance Film Festival, trova nuovo vigore nella situazione che si è andata a creare all’indomani dell’attentato alle Torri Gemelle. “ Dopo l’11 settembre il governo ci ha chiesto di essere compatti ed uniti nei confronti di questa amministrazione per cercare di risollevarci. In nome di questo abbiamo rinunciato per un primo periodo a molti dei nostri diritti come quello a dissentire. Inoltre per la prima volta un solo partito controllava tutti e due i rami del Parlamento, accentrando nelle sue mani il potere in modo totale. Per questo motivo ci sono stati dei giornalisti paurosi che non hanno avuto il coraggio di contrastare tutto questo, ma il compito dei media è proprio quello di mettere in dubbio le scelte dei leader ed è vero che in questi ultimi anni non è stato fatto.” E per finire un pensiero ai giovani che mai come in questo momento è importante che riprendano in mano il controllo del loro futuro. “ Quando ero giovane non me ne fregava assolutamente niente della politica. Sono andato avanti così fino a quando non sono venuto in Europa a 18 anni per studiare storia dell’arte. Proprio a Firenze, confrontandomi con gli altri ragazzi, mi sono sentito inadeguato rispetto all’interesse che avevano per i problemi dei loro paesi. Sono tornato in America con una visione completamente diversa della problematica. Ero sicuramente più preparato, ma soprattutto guardavo il mio paese con una ottica europea. I giovani oggi sono poco impegnati, apatici e cinici. Perchè dovrebbero impegnarsi? Perchè questo è il loro futuro e devono cominciare ad avere un ruolo attivo. Spero che il mio film faccia un pò da catalizzatore per tutti loro.”
di Tiziana Morganti