di Yuval Noah Harari, Bompiani 2014.
Lo storico e filosofo Harari realizza con Sapiens. Da animali a dei un’opera che s’impegna a rivisitare la storia dell’umanità come possibile studio delle criticità dell’Homo Sapiens e di come l’antropizzazione del pianeta abbia portato alle odierne sfide globali. Come suggerisce il titolo, Harari parte dalla preistoria per arrivare alla contemporaneità con salti funzionali a mettere in luce il ruolo dell’uomo come forza distruttiva senza pari.
Interessanti la tesi secondo cui la rivoluzione agricola del Neolitico di circa dodicimila anni fa vada fatta precedere da una “rivoluzione cognitiva”, antica di settantamila anni, che ha permesso a grandi comunità di parlare una “lingua comune” fatta non di vocaboli ma di miti comuni, di finzione. «Non si fa fatica a riconoscere che i primitivi – leggiamo – cementano il proprio ordine sociale attraverso la credenza in fantasmi e spiriti, raccogliendosi a danzare intorno al fuoco nelle notti di luna piena. […] I moderni uomini d’affari sono potenti stregoni contemporanei».
Che la stanzialità provocata dalla rivoluzione agricola del neolitico abbia portato problemi e malattie sconosciute al tempo dei cacciatori/raccoglitori, forti invece della loro mobilità e adattabilità agli ambienti, è un dato acquisito, ma è interessante la visione in prospettiva storica di quella rivoluzione che avrebbe, secondo Harari, influenzato in maniera drammatica tutta la storia del mondo. «Nel giro di duemila anni dall’arrivo dei Sapiens – leggiamo – moltissime specie uniche si estinsero. Secondo le stime correnti, in quell’intervallo di tempo relativamente breve, il Nord America perse trentaquattro dei suoi quarantasette generi di grandi mammiferi. Il Sud America ne perse cinquanta su sessanta».
Ciò che rende Sapiens un’opera che suscita una certa curiosità è la capacità di Harari di intrecciare diversi campi del sapere — dalla biologia all’economia, dalla sociologia alla filosofia — in una narrazione coerente e avvincente. Il suo è un viaggio attraverso la storia dell’umanità, un viaggio che ci porta dai primi Homo sapiens, cacciatori/raccoglitori, fino alle odierne società globalizzate. In questo percorso, Harari non si limita a descrivere gli eventi: li interpreta, li mette in relazione tra loro, ci invita a riflettere sulle scelte che ci hanno condotto fino a qui.
Uno dei capitoli più affascinanti è quello dedicato all’invenzione del denaro e all’ascesa del capitalismo. Qui lo storico mostra come le nostre società si siano strutturate attorno a costruzioni mentali, a “miti condivisi” che, pur essendo finzioni, hanno un potere straordinario nel plasmare la realtà. Il denaro, la religione, le nazioni: sono tutti prodotti dell’immaginazione umana, ma sono proprio queste finzioni che hanno permesso agli esseri umani di cooperare su larga scala e di dominare il mondo.
Tuttavia, Harari non è un mero narratore del passato. Il suo sguardo è anche, e forse soprattutto, rivolto al futuro. Nell’ultima parte del libro, l’autore ci mette di fronte alle sfide che l’umanità dovrà affrontare nei prossimi decenni: l’intelligenza artificiale, l’ingegneria genetica, il transumanesimo. La domanda che sorge spontanea è se, dopo essere diventati “dei” in grado di modificare la natura stessa, saremo in grado di governare questa immensa potenza senza distruggerci.
In definitiva, Sapiens è un libro che invita a pensare, pur mettendoci di fronte a crude realtà difficili da accettare. E, in un’epoca in cui siamo spesso travolti dalla superficialità e dalla rapidità del nostro vivere quotidiano, questa è forse la qualità più preziosa che possiamo trovare in un libro.