Continua senza soste la parata di poliziotti che ha invaso la fiction della Rai. Ogni attrice e attore che si rispetti non può resistere al fascino del giallo pescato da romanzi di successo. E’ appena approdata sul primo canale la ruvida commissaria friulana di Elena Sofia Ricci che Rai2 risponde da mercoledì 30 ottobre per sei puntate con il flemmatico ispettore veneto Stucky di Giuseppe Battiston, diretto da Valerio Attanasio. Un personaggio apparentemente distratto, sornione, che si lascia guidare dal suo istinto, dalla curiosità e vagamene ricorda l’enigmatico tenente Colombo che fu.
Liberamente ispirato al protagonista degli omonimi romanzi di Fulvio Ervas, l’ispettore Stucky, in forza alla Questura di Treviso, si muove a proprio agio nelle pieghe oscure del nord-est italico e affronta i casi più spinosi, dove lo studio di un delitto non è solo finalizzato alla soluzione, ma anche un pretesto per osservare e indagare la condizione dell’animo umano.
Compagni di viaggio di Stucky sono il medico legale Marina, interpretata da Barbora Bobulova, con cui l’ispettore ha un rapporto di intensa e un po’ maldestra intimità; l’oste Secondo (Diego Ribon) suo consigliere e mentore, e i due poliziotti Guerra e Landrulli, (Alessio Praticò e Laura Cravedi) che hanno imparato ad amarlo, ma non sempre a capirlo.
Il regista cercava una chiave originale che si distaccasse nettamente dal film realizzato qualche anno fa da uno dei libri della serie. “Mi sono preso la libertà di prendere il protagonista e modificarlo un po’ nei suoi tratti caratteriali ed estetici – racconta Attanasio -. Mi piaceva l’idea di un poliziotto talmente ossessionato dal proprio lavoro, e dagli assassini che insegue, da non trovare il tempo di portare avanti la propria vita privata”.
“Anche a me nella vita piace più ascoltare che parlare – racconta Battiston -. Stucky non ha una compagna né figli. Ha un solo amico, il proprietario di un’osteria in cui si rifugia spesso. Non è un poliziotto tradizionale, non sopporta la vista del sangue, non porta la pistola, non guida la macchina, non possiede uno smartphone o un computer, indossa sempre un trench piuttosto liso, legge Kafka, è nato in Iran da madre persiana. Una specie di antieroe mitteleuropeo, un personaggio antico e contemporaneo allo stesso tempo che, con il suo sigaro in bocca, solca le vie e i canali del centro storico di Treviso alla ricerca ossessiva dei suoi assassini. Risolve i casi al tavolo dell’osteria riordinando le annotazioni sparse nei suoi sgualciti bigliettini, la psicologia guida i suoi passi”.
Gli assassini sono persone ricche, potenti, arroganti. Stucky invece è un semplice ispettore di provincia che per indole personale non farà mai carriera. Troppo discreto e allergico alle dinamiche del carrierismo, porta avanti il proprio lavoro in solitaria, con la costanza e la tigna del bravo artigiano. Un aspetto che lo accomuna al mitico Tenente Colombo. Anche qui la rivelazione dell’assassino avviene nei primi minuti, per concentrare l’attenzione sugli aspetti più psicologici di un omicidio, omettendo completamente la parte procedurale dell’indagine o le scene d’azione. Il suo metodo investigativo si basa sul dialogo, sulla parola, sui colloqui con i diversi personaggi legati in vario modo alla vittima. E quando punta il presunto assassino non gli dà scampo, alla ricerca di quel piccolo errore che tutti commettono. E alla fine lo incastra sempre.