Un documentario sul piacere di mangiare bene, dal 30 maggio al cinema
Salvare il pianeta praticando il piacere. È la ricetta di Carlo Petrini, geniale e lungimirante inventore di una vera e propria rivoluzione gastronomica, che punta sul cibo come antidoto allo sbandamento dovuto alla crisi politica. A raccontare la storia di questo rivoluzionario del gusto è Stefano Sardo nel film Slow Food Story, coraggiosamente prodotto dalla Indigo Film di Nicola Giuliano, nelle sale dal 30 maggio.
Un documentario curioso e intrigante come un bel film, che segue dalla nascita la rivoluzione “lenta” innescata negli anni ’70 a Bra da Petrini (per gli amici Carlin) con un gruppo di fraterni amici di provincia, combattuta tra passioni politiche e amore per il cibo, riti contadini fatti rinascere con manifestazioni come “cantare le uova”, riscoperta del buon vino e delle biodiversità. Ma, soprattutto, con un approccio divertito alla vita, come mostra il film tra goliardate, impegno politico, gran mangiate, bevute e canti.
Sardo, che a Slow Food è di casa (ci lavorano molti suoi parenti), ha raccontato dall’interno i dettagli di questa rivoluzione, vincendo la reticenza della gente della provincia piemontese, raccogliendo testimonianze, vecchie foto, creando una biografia dettagliata del leader di questo pacifico movimento, che ha capito prima di altri che sul cibo si giocava una delle partite decisive del nostro tempo e ha battuto su quel chiodo.
«Una storia che dimostra come anche le più importanti e serie avventure culturali possono nascere da un approccio divertito, ironico e godereccio – dice Sardo -. Ho cercato di rendere il film informale, poco ingessato, scegliendo come narratore Azio Citi, il miglior amico di Petrini: un piccolo uomo dalla personalità debordante». Il film ripercorre le tappe che hanno portato alla nascita delle invenzioni di Petrini, dall’Arcigola a Slow Food a Terra Madre, mostra le dinamiche globali dell’agroalimentare e i temi gastronomici più scottanti dei 60 anni che scorrono sulla pellicola.
«Per cambiare le cose le alleanze sono fondamentali – sostiene Petrini -, nell’ America del sud gli chef sono artefici di una rivoluzione tra cucina e agricoltura. Tre nuovi ristoranti affidati a giovani cuochi sono sorti nelle favelas brasiliane per rigenerarle – racconta – e si difendono le sementi autoctone». Sostiene che oggi c’è bisogno di nuove riflessioni sull’insensatezza di sfruttare sempre di più la terra, rendendola sempre meno fertile.
«Qui si dorme su una gastronomia da masterchef che non fa felice la gente. Il circo mediatico della gastronomia è borderline della pornografia alimentare – va giù duro -. Il nostro patrimonio è invidiato nel mondo. La classe contadina in Italia è ridotta al 3 per cento, bisogna cambiare il paradigma produttivistico. Non c’è potere più forte che governare il ventre delle persone. Tutti auspicano la crescita, inconsapevoli che ci sono seduti sopra».