di Fred Vargas, Einaudi, 2008
Per molti è con questo libro, uscito in Francia nel 2004, che Fred Vargas ha oltrepassato i confini nazionali, dilagando nella mente e nei cuori di moltissimi amanti del giallo in tutto il mondo. Il suo personaggio di maggior successo, il commissario Jean-Baptiste Adamsberg è qui tirato all’estremo, provato sia mentalmente che fisicamente, messo in discussione da colleghi e superiori e incastrato in un caso che lo coinvolge direttamente, personalmente.
In un clima di tensione crescente nel suo commissariato, Adamsberg accetta di andare in Québec per un corso di aggiornamento sulle rilevazioni scientifiche organizzato dalla Gendarmerie Royale du Canada. Pochi giorni prima di partire, il commissario si imbatte per caso in un omicidio i cui dettagli gli sono familiari: una giovane donna uccisa con tre coltellate al ventre. Proprio come le altre vittime di un serial killer che Adamsberg insegue da una vita. Le ferite mortali infatti corrispondono a quelle inferte da un tridente con una distanza tra le ferite che è sempre uguale, a dimostrare che l’arma impiegata è sempre la stessa. Anche in Canada, dall’altra parte del mondo, succederà qualcosa di inspiegabile e gli eventi prenderanno una bruttissima piega per il commissario, sospettato anche dal suo fedele vice, Adrien Danglard.
In Sotto i venti di Nettuno, Vargas disegna ancora una volta personaggi che non sono semplici attori di un giallo, ma esseri umani complessi, sfaccettati. Adamsberg si conferma un commissario fuori dagli schemi, che non si affida ai metodi tradizionali (cari invece al colto Danglard) ma alle sue intuizioni, al suo istinto. È un uomo in fuga dal proprio passato, perseguitato da memorie dolorose che tornano a galla. I comprimari, dai colleghi della polizia francese fino agli abitanti del Québec, sono figure che si stagliano in un paesaggio nebbioso, rese vive da dialoghi pungenti, spesso umoristici, ma sempre capaci di aggiungere profondità alla narrazione.
Il tema della colpa, del rimorso e della vendetta personale sono qui presenti in filigrana. Adamsberg non è solo un investigatore alla ricerca di un colpevole, ma un uomo che deve affrontare le proprie ombre, i propri fallimenti e il proprio destino. Vargas sembra dirci che il passato non si può cancellare, ma che bisogna affrontarlo, anche se ciò significa esporsi ai venti impetuosi e contrari. L’ambientazione canadese, con i suoi spazi selvaggi e inospitali, offre un perfetto contrappunto alla caotica Parigi dove di solito si muove Adamsberg. Vargas è abile nel creare un senso di isolamento e inquietudine, con la natura che sembra essere tanto complice quanto nemica, anche se il buffo eloquio dei locali, reso nella traduzione italiana con un goffo italenglish, ricorda il film Giù al Nord (Bienvenue chez les Ch’tis).
Sotto i venti di Nettuno si mostra non lineare nella sua stesura e più un tributo al suo Adamsberg che al lettore, in una inferenza che si contorce su se stessa spiazzando il lettore in più di un’occasione. Quello che è ritenuto uno dei migliori episodi dedicato all’ispettore parigino non lo è tanto per capacità espressive, sebbene si voli più alti del solito, ma per l’aver cesellato le linee caratteriali di quello che vuole porsi come il Poirot del nuovo millennio. E saranno forse le sue tante incertezze, debolezze, inquietudini a renderlo così popolare. Mi perdonerà il paragone il celebre detective creato dal genio di Agatha Christie, primo perché lui ci teneva a specificare di non essere francese ma belga, secondo perché gli eroi moderni sono profondamente imperfetti, al contrario di lui.
Della stessa autrice Io sono il Tenebroso, Il morso della reclusa, Nei boschi eterni, Un luogo incerto, Tempi glaciali, Un po’ più in là sulla destra, Chi è morto alzi la mano, L’uomo dei cerchi azzurri, Parti in fretta e non tornare, L’uomo a rovescio, La cavalcata dei morti, L’umanità in pericolo, Prima di morire addio, Sulla pietra