“La Chiesa è una società clericalista, esiste per il beneficio dei sacerdoti e non dei fedeli. Il Papa cerca di prendere misure per cambiare le cose, ma i vescovi cambiano solo se hanno una pistola puntata”. Parole dure quelle pronunciate dal giornalista Premio Pulitzer Walter Robinson a Roma con l‘attore Michael Keaton per presentare il film Il caso Spotlight, che Bim porterà nelle sale dal 18 febbraio.
Nella coinvolgente, intensa pellicola diretta da Tom McCarthy, gli attori Mark Ruffalo (candidato all’Oscar), Rachel McAdams, Liev Schreiber, John Slattery, Stanley Tucci, Brian D’Arcy, James e Billy Crudup vestono i panni del team di giornalisti investigativi del Boston Globe che nel 2002 sconvolse l’opinione pubblica con le rivelazioni sulla copertura della Chiesa Cattolica degli abusi sessuali commessi su minori da oltre 70 sacerdoti locali. L’inchiesta sullo scandalo dei preti pedofili, meticolosamente documentata e premiata con il Pulitzer nel 2003, ha messo in luce la portata dei crimini perpetrati dai religiosi in ben 102 diocesi di tutto il mondo e il tentativo della Chiesa di insabbiarli.
Robinson è fiero che sia stato un attore del calibro di Keaton a interpretarlo nel film. Lo aveva già molto apprezzato nel 1994, racconta, nel film Cronisti d’assalto di Ron Howard: “Ha saputo cogliere ogni mia sfumatura” dice. “Sono appassionato di giornalismo, abbiamo parlato a lungo di tante cose da lui affrontate nella carriera, non solo dell’inchiesta Spotlight – gli fa eco Keaton-, ho cercato di cogliere l’essenza anche della persona.
Purtroppo il giornalismo d’inchiesta è oggi come un malato terminale, si lamenta Robinson, allora caporedattore di Spotlight oggi settantenne. “la diffusione del web ha privato i quotidiani dei fondi necessari, i direttori aumentano i tagli, a discapito della democrazia, togliendo ai lettori la possibilità di informarsi”. “Mi sento frustrato vedendo certi orribili programmi di approfondimento in tv” aggiunge Keaton, sicuramente ignorando ciò la gente deve ingurgitare dalla tv italiana.
Il film, comunque, non punta il dito contro la religione. “Rispetto il credo di tutti – spiega l’attore -. Ho avuto un’educazione cattolica, mia madre è assidua praticante, mi rattrista che molti si siano allontanati dalla Chiesa. Questo Papa mi piace molto, sta tentando di spingere un grosso masso oltre la collina. Ma c’è chi ha potere e lo esercita sui deboli, per esempio l’ONU, che dovrebbe garantire la pace e invece, come in Africa, si rende complice di tanti abusi sui popoli indifesi”. Il razzismo, ogni forma di discriminazione, lo preoccupano molto. “Sono un semplice attore ho fatto solo il mio lavoro, i giornalisti d’inchiesta sono i veri eroi, ma spero con questo film di aver dato comunque una piccola mano, considero importante il ruolo dell’arte anche in questi casi”.
I giornalisti di Spotligh non si arresero di fronte all’omertà, alle minacce legali, alla connivenza di istituzioni compiacenti che misero sotto sigillo documentazioni importanti. Non c’era stata un’inchiesta così clamorosa dai tempi del Watergate. Il potente arcivescovo di Boston, Bernard Law, costretto alle dimissioni da quello scandalo, approdò a Roma, nella basilica di Santa Maria Maggiore. Oggi ottantenne, vive al Palazzo della Cancelleria vaticana, rimosso da ogni incarico da Papa Francesco.