All’immigrazione difficilmente viene dato un valore. A rimediare ci ha pensato Maria Antonietta Mariani che ha sceneggiato con la regista Elisa Amoruso Strane Straniere un docufilm prodotto da Matrioska con Rai Cinema e Tangram Film che Istituto Luce porterà nelle sale l’8 marzo, giornata internazionale delle donne. Sì, perché protagoniste sono proprio le donne, Ana, Ljuba, Radi, Sihem e Fenxia “Sonia” Zhou, straniere arrivate in Italia da paesi diversi e per diverse motivi, diventate con passione, tenacia e abilità imprenditrici di successo, superando mille iniziali difficoltà .
“Le imprenditrici immigrate sono tante – spiega Mariani presentando il film a Roma con la regista e le protagoniste –, un fenomeno rilevante ma sconosciuto, il film permette di vederlo”. Il suo progetto antropologico era rintracciare e raccontare con l’abile regia di Amoruso, storie di donne che hanno dato vita a un loro sogno, mostrando cosa succede dopo l’emergenza delle migrazioni, dopo l’accoglienza.
Dal canto suo la regista ha scelto uno stile che desse al racconto la stessa dignità artistica di un vero e proprio film, spiando le donne nella loro vita reale, attraverso un vetro, una tenda, con uno sguardo non diretto ma in modo intimo, con le voci quasi fuori campo, lavorando poi sodo per due anni al montaggio. L’ottimo risultato parla chiaro: ha centrato l’obiettivo.
La bulgara Radi tra le onde toscane ha scoperto la sua passione per il mare, per la pesca, che affronta tutti i giorni rubando i segreti dei rudi esperti pescatori con cui lavora. Ha rimesso in sesto una vecchia barca per rendersi autonoma e ha creato a Carrara una cooperativa di sole donne che preparano e vendono salse col pesce da lei pescato. Ana è croata, Ljuba serba, due architetti che la guerra ha bloccato in Italia, fatto casualmente conoscere, diventare amiche inseparabili e gestire insieme una galleria d’arte a Roma. “Non siamo attrici ma abbiamo voluto mostrare la normalità di noi stranieri, dei nostri figli che partecipano alla società pur standone fuori”.
La cinese Sonia è l’ astuta proprietaria di un grande e noto ristorante cinese romano a due passi da Piazza Vittorio, con immagini giganti di Mao alle pareti. “La mia più grande difficoltà era la lingua – spiega – e trovare i cibi adatti per gli italiani. Rivedendo il film mi è venuto da piangere ripensando al passato” . Infatti, allo scoccare dei 50 anni, racconta, è stata piantata dal marito scappato in Cina per divorziare da lei, ma ha tenuto duro. Ora lui è tornato e amore e affari vanno a gonfie vele. Il percorso di inserimento per la tunisina Sihem è stato difficile “sono musulmana, vittima di pregiudizi, ma il coraggio e la forza di credere fino in fondo in quello che fai ti fa superare tutto. Ora mi sento pienamente realizzata”. Infatti gestisce una casa famiglia per anziani e ha fondato ad Aprilia un’associazione di volontari arabi che aiutano italiani e stranieri in difficoltà economiche . “Il nostro messaggio? Noi ce l’abbiamo fatta, niente è impossibile”.