L’autore di Tadpole – Un giovane seduttore a New York per la sua prima regia ha scelto di narrare la scabrosa storia di un uomo che nel 1974 pianificò un attentato ai danni del presidente Nixon. Sam Bicke era un’anomalia di sistema nel programma America, un virus, una bomba a orologeria pronta a deflagrare su quell’orribile mondo fantoccio che proprio non riusciva a capire. Ma a suo tempo anche Sam faceva pensieri edificanti sul suo matrimonio con Marie e sulla società di fornitura pneumatici con l’amico Bonny, prima che tutto fallisse miseramente. Una storia spinosa e difficile da accettare dalla Hollywood istituzionale. Pensate soltanto a quanto potesse essere complicato dopo il 2001 portare alla luce la storia di un americano che nel ’74 programmò di dirottare un aereo sulla Casa Bianca. Eppure The Assassination ha trovato una strada attraverso la produzione indipendente, con il consenso di inconsueti produttori quali Alexander Payne, Alfonso Cuaròn e Leonardo Di Caprio. Si apre dunque la possibilità per Niels Mueller di raccontare il suo personale Taxi Driver con un cast d’eccezione, quello di 21 grammi, dove Sean Penn si impone sullo schermo con la forza propulsiva di sguardi e sembianze anche soltanto accennate. Il suo trasformismo forzato, il suo delirio di “normalizzazione” si pone in forma concettuale come un ostaggio in una rapina di banca, un uomo disposto a qualsiasi umiliazione, pur di salvare se stesso e ciò a cui è più legato. Questo film dalla lunga gestazione ha i ritmi cadenzati dalla voce fuori campo, unico strumento di misurazione del tempo di un uomo che sente la necessità di narrare la sua resa, attraverso nastri registrati e spediti all’unico suo mito, il compositore Leonard Bernstein.
La barcollante macchina da presa di Mueller ci accompagna attraverso la decostruzione psicologica di un uomo che vede lentamente cedere i suoi ultimi pilastri di dignità. E tutto per una caratteristica per i nostri tempi inaccettabile: la mancata attitudine alla menzogna. Per Sam era sbagliato che un commerciante vendesse un tessuto sintetico, il “naugahyde”, come fosse pelle, così come un uomo politico non mantenesse nessuna delle promesse fatte in campagna elettorale. Due professionisti della menzogna a confronto: uno vendeva scrivanie, l’altro stava cercando di vendere se stesso al popolo americano per la seconda volta. Perché il commerciante non vende il naugahyde per quello che è? E perché la politica ha creato l’illusione retorica del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del 1966? Quella carta riconosceva il diritto di ogni individuo ad un livello di vita “adeguato” per sé e per la sua famiglia, che includesse alimentazione, vestiario ed alloggi adeguati, nonché il miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita. Ed in cambio chiedeva soltanto la propria identità, ma a quella, Sam Bicke non voleva proprio rinunciare. Ecco che il titolo The Assassination of Richard Nixon assume una doppia valenza (prima e dopo la visione del film) da preludio alla caduta di un uomo politico – con facile associazione di idee verso JFK – alla consacrazione della caduta dell’uomo-granello di sabbia-Sam – con l’ancora più facile assonanza con il Falling Down di Michael Douglas). Un film che non cerca risposte, ma che pone inevitabili domande sul perché 27 anni prima l’attentato alle Torri Gemelle, un cittadino statunitense aveva già sentito la necessità di colpire il modello americano assestandogli un colpo al cuore. La risposta è quanto mai scomoda da accettare, almeno quanto la domanda.
di Alessio Sperati