Davvero Eric Bres e J.Mackye Gruber, già sceneggiatori di Final Destination 2, ci hanno messo sei anni per scrivere la sceneggiatura di The Butterfly Effect, che segna il loro esordio alla regia? La visione del film suggerisce piuttosto l’ idea di episodi nati da improvvise visioni deliranti e messi grottescamente insieme per cucire la trama. La pellicola racconta la storia del diciottenne Evan che ha vissuto momenti terribili nella sua infanzia ma, per una forma di autodifesa, li ha cancellati dalla memoria. Dopo molti anni rilegge per caso uno dei suoi vecchi diari e si ritrova scaraventato nel passato. Quei quaderni pieni di appunti diventano una sorta di macchina del tempo attraverso i quali il ragazzo può cambiare gli avvenimenti. Ogni volta però involontariamente non fa che peggiorare quanto è già accaduto e si ritrova a vivere un presente sempre più catastrofico. Per fortuna, all’ennesimo tentativo, riesce a cancellare gli episodi terrificanti e creare una vita normale. È questo il momento giusto per bruciare i diari. Indubbiamente il quesito che gli autori si pongono è affascinante anche se non originale: cosa succederebbe se avessimo la possibilità di cambiare gli eventi che hanno segnato in modo negativo e cruciale la nostra vita? La loro conclusione è che è meglio non cambiare nulla perché persino il battito delle ali di una farfalla in una parte del mondo può provocare un uragano nella parte opposta del pianeta. Bress e Gruber si sono “divertiti” a considerare le conseguenza di tutte le possibili scelte di un individuo facendo vivere al loro protagonista le esperienze più atroci, dalla pedofilia al cancro della madre, alla delinquenza minorile e alle terribili condizioni di vita in un carcere. Tutti temi che nel film appaiono ridicolizzati, tanto che in sala il pubblico non saprà se ridere o piangere! Prova mal riuscita anche per gli interpreti (Ashton Kutcher nel ruolo di Evan, Amy Smart in quello di Kayleigh, William Lee Scott e Elden Henson nella parte degli amici di infanzia Tommy e Lenny) che non sono stati all’altezza di sfruttare quella che sarebbe stata un’opportunità stimolante per ogni (bravo) attore, cioè dar vita a quattro personalità diverse all’interno dello stesso ruolo.
di Patrizia Notarnicola