I rapporti conflittuali tra padri e figli sono al centro del film The Judge diretto da David Dobkin con Robert Downey Jr. e Robert Duvall che Warner Bros distribuirà nelle nostre sale in 300 copie dal 23 ottobre. I due grandi attori, per la prima volta insieme sullo schermo, il regista e il produttore David Gambino, sono arrivati a Roma per presentare questo film intenso, commovente, ottimamente scritto e recitato, che invita a riflettere su quanto gli eventi familiari di gioventù e i segreti del passato condizionino il resto della vita.
Rapporti talmente difficili che hanno allontanato per anni l’abile avvocato di Chicago Hank Palmer (Downey) dai suoi parenti e dalla sua città natale di una provincia chiusa e bigotta. Tornerà solo per la morte della madre e si troverà ad affrontare genitore e fratelli ormai estranei, ex fidanzate inspiegabilmente mollate e, soprattutto, a dover difendere un padre che a dir poco lo ignora, giudice integerrimo da oltre quarant’anni, anziano e malato, finito sul banco degli imputati con accuse gravissime.
“Questo film mi ha fatto riflettere sulla famiglia, su come i rapporti si possano guastare – dice Downey, che ha coprodotto la pellicola con la società appena creata insieme alla moglie Susan (assente perché tra un mese gli darà un figlio) -. Tentare di comunicare è molto difficile –sostiene -. Mio padre? Era proprio uno stronzo. Coi miei figli ho un rapporto divertente, facciamo il bagno insieme”. “Non c’è una ricetta uguale per tutti per non fare errori, per evitare di incrinare i rapporti – gli fa eco Duvall -. Io sono un padre ‘adottivo’, cerco di fare del mio meglio”.
“Con mia madre avevo una relazione ‘volatile’ – racconta il regista -, quando si è ammalata di cancro le sono stato vicino con molto amore, dopo la sua morte ho scritto questo film. E’ la storia di molte persone, l’abbiamo affrontato tutti col cuore aperto”.
“Non importa che età si abbia – sostiene Dobkin -, cinque minuti dopo essere tornati nei luoghi dell’infanzia siamo di nuovo esattamente chi eravamo quando ce ne siamo andati. Riprendiamo la stessa routine, gli stessi comportamenti della nostra giovinezza, con le stesse incomprensioni mai risolte, gli stessi problemi, grandi e piccoli, che hanno continuato ad angosciarci per tutta la vita”.
“Quello che amo di questa storia – continua Downey (che ha in mente di produrre altri film in stile Perry Mason, ma anche Pinocchio)– è l’incredibile senso di casa, il racconto di come il personaggio si allontani dai luoghi in cui è cresciuto e vi debba tornare per affrontare tutte le cose che ha evitato per anni e che improvvisamente gli si rovesciano addosso. Il racconto di come i fallimenti e i successi nella vita possano essere percepiti in modo diametralmente diverso da persone che sono così simili, anche se non se ne accorgono o non vogliono ammetterlo. E la narrazione è ricca di svolte sorprendenti e di humor, come un classico del cinema, in versione XXI secolo”.
Duvall ha accettato subito il ruolo del severo giudice. “Era una sceneggiatura intelligente, ben scritta, con personaggi magnifici, un vero film per attori”. E anche per un pubblico orfano di emozioni, che sarà trascinato nella storia, rivivendo e rivalutando il proprio passato e presente familiare.