Dopo il sofisticato Memento ( 2000) i fratelli Nolan ( Jonathan alla sceneggiatura e Christopher alla reagia) tornano a lavorare insieme per portare sullo schermo una storia misteriosa, intellettualmente stimolante dalle risoluzioni visive eleganti e raffinate. L’ambientazione è quella di una Londra di fine ‘800’ all’interno della quale Alfred Borden e Rupert Angier, due giovani maghi in cerca del successo e della fama, si danno battaglia con armi più o meno lecite per dar sfogo a vendette e desideri di rivalsa. Ma al di là dell’utilizzo speculativo di due belli dello schermo come Hugh Jackman e Christian Bale ( Batman Begins sempre per la regia di Christopher Nolan) nonché dell’onnipresente e lanciatissima Scarlett Johansonn, il motore trainante di questa esperienza cinematografica basata su senso, intelletto, scienza e ragione, è il significato stesso di prestigio inteso come illusione ed inganno ottenuto con destrezza della mente e del corpo. Detto questo, dando come presupposto un gioco speculativo del cinema stesso considerato come proiezione della realtà , si comprende come non molto, anzi quasi nulla, può essere svelato delle strutture narrative che determinano questo percorso cinematografico. Basta riflettere sull’ambivalenza, la quasi sovrapponibilità tra regista ed illusionista, capaci in entrambi i casi di creare una realtà diversa, plausibile eppure effimera e dalla facile dissolvenza a beneficio di un pubblico che da passivo si trasforma in attivo, per comprendere come il più grande e mai svelato artificio sia stato e rimanga ancora la macchina cinema. Lanciato nella spiegazione di un trucco, Nolan divide la realizzazione, lo svolgimento della vicenda stessa attraverso tre atti: Atto I – Premessa, Atto II – Colpo di scena, Atto III – Prestigio. Ed è proprio nell’ultimo e decisivo passo che The Prestige esplode nel suo significato più ampio attraverso un gioco di specchi, un percorso di osmosi tra ciò che appare e ciò che realmente è. Eternamente in bilico tra sogno ed incubo, immerso in una atmosfera noir dal retrogusto gotico che mette in scena i drammi introspettivi dei due protagonisti, il pubblico si trova coinvolto all’interno di una esplorazione intellettuale che diventa sfida da vincere. L’oggetto è il mistero stesso, riuscire a districare la matassa prima che Nolan, sottilmente divertito, sveli per la prima volta il trucco che si cela dietro ogni magia. Il premio è riuscire a condividere e risolvere l’eterna diatriba che l’uomo vive riguardo la riconoscibilità dell’individuo e l’ossessione del proprio doppio. Un film, dunque, che merita di essere vissuto come una esperienza che va oltre la risoluzione stilistica o il mero intreccio narrativo. Ai fratelli Nolan va soprattutto attribuito il merito di aver intessuto un vero e proprio labirinto dentro il quale perdersi con l’ostinata intenzione di rintracciare la via d’uscita.
di Tiziana Morganti