Era ora che dopo ormai (incredibile!) vent’anni di puntate pomeridiane la famiglia dei gialli più perfidi d’America arrivasse sul grande schermo. Con immensa gioia dei fans di tutto il mondo. Springfield viene isolata dal resto del paese da un’enorme cupola di vetro a causa del suo alto tasso di inquinamento. Ovviamente i colpevoli sono i Simpsons (nello specifico il solito grasso e ottuso Homer), e quindi anche gli unici in grado di porre rimedio. Riusciranno questi eroi assai poco ortodossi a salvare la loro ridente cittadina, i loro mediocri concittadini e forse il pianeta stesso? Ovviamente sì…ma nel più classico Simpsons style. Il film è assai divertente e con uno sguardo sempre attento ai problemi dell’attualità, non solo americana. Senza risparmiare spietate critiche all’ottusa politica yankee, in particolare con l’esilarante e riuscitissima imitazione di Schwarzenegger alle prese coi numeri. La difficoltà maggiore che possono aver incontrato gli sceneggiatori può essere stata la durata. Come trasformare qualcosa che nasce come una serie di episodi da venti minuti in un lungometraggio che mantenga vispo lo spettatore tutto il tempo creando azione e divertimento per tre volte il tempo della tv?
Il pericolo, sempre in agguato, era di creare qualcosa di stantio e di già visto, una ripetizione magari dei momenti topici delle serie finora apparse in tv. Forse c’era perfino il rischio di annoiare con una durata eccessiva, di perdersi dopo i primi venti/ventitré minuti. Invece no. Il film funziona, ha una trama ben congegnata che non perde un colpo, che non si affloscia ma anzi avanza in un crescendo tra divertimento e impegno. È impossibile spiegare il successo dei Simpsons, capire come dopo vent’anni ancora siano sulla cresta dell’onda più seguiti e attesi di prima. Nel mondo siamo sei miliardi di persone, supponendo che tutte abbiano visto almeno un episodio dei Simpsons in vita loro ci sarebbero sei miliardi di differenti motivi per guardarli. Non esiste un punto di vista universale per vederli. Sono troppo sfaccettati e polidimensionali per essere descritti e (orrore!) definiti. Il cinismo caustico e l’irriverente cattiveria di cui sono imbevuti i Simpsons funzionano come uno specchio (deformante) in cui guardare riflesse le nostre vite, magari modeste, mediocri e sboccate, ma comunque straordinarie nella loro variopinta gamma di colori. Il giallo su tutti.
di Claudia Lobina