Una storia originale, scrittura accurata, recitazione eccellente. Sono gli ingredienti vincenti per togliere la commedia italiana dalla polvere della banalità che l’ha soffocata. C’è perfettamente riuscito Francesco Amato che ha diretto e scritto con Francesco Bruni e Davide Lantieri Lasciati andare, prodotto da Cattleya con Rai Cinema, su 250 schermi con 01Distribution.
Toni Servillo (che presto Sorrentino trasferirà nei panni di Berlusconi) al suo esordio cinematografico nella commedia brillante, strizza magnificamente l’occhio a Woddy Allen, affiancato dalla irresistibile trentaquattrenne madrilena Veronica Echegui, dall’impeccabile Carla Signoris e da un sorprendentemente comico Luca Marinelli. Insieme danno vita all’esilarante storia che ruota intorno a un misantropo e tirchio psicoanalista ebreo di mezza età, separato dalla moglie solo da una parete che ha diviso in due il loro lussuoso appartamento, che dopo un malore è costretto suo malgrado a prendersi cura del suo corpo inflaccidito, appesantito da un’alimentazione nefasta. A rimetterlo in carreggiata, sciogliendone man mano le asprezze caratteriali, una giovane, verace, incontenibile personal trainer, più efficace di una seduta sul fatidico divano.
Un intenso scontro tra mente e corpo, ambientato nel ghetto ebraico di Roma, intorno al quale si dipanano normali situazioni di vita quotidiana rese divertentissime dagli autori, che hanno sapientemente fuso la sottile ironia delle commedie americane di Groucho Marx, Allen e Billie Wilder alle più colorite, sapide gag partorite dai maestri della commedia all’italiana.
“Chi partendo dalla testa, chi dal corpo, lo psicoanalista e il personal trainer fanno lo stesso lavoro: rimettono in piedi la gente – commenta il regista -. La curiosità che scaturisce tra il terapeuta fuori forma e la sportiva apparentemente con poco cervello abbatterà le barriere intellettuali. L’umorismo ebraico è uno strumento perfetto per superare gli ostacoli della vita. E la commedia, se è di qualità, è anche un modo per sorridere delle proprie difficoltà e fragilità”.