Un bacio appassionato, ventunesimo film di Ken Loach, conclude il terzo atto dedicato alla Scozia occidentale, dopo My Name is Joe e Sweet Sixteen. Il regista inglese si è ancora una volta contraddistinto per aver diretto una storia (scritta da Paul Laverty) attenta alle tematiche sociali e ben radicata nel presente. La vicenda è ambientata ai nostri giorni e descrive stati d’animo, paure e cambiamenti dopo il giorno più nero del nuovo millennio, l’attentato a New York dell’11 settembre 2001, e la conseguente guerra in Iraq. Come ha reagito il mondo intero a questo terribile episodio che ha stravolto abitudini, stili di vita e comportamenti? Loach risponde ponendo la lente d’ingrandimento su Casim (ragazzo pachistano che vive a Glasgow con la famiglia, dj nei locali più “in” della città) e Roisin, donna bianca e cattolica (stimata insegnante di musica in un liceo), giovane coppia costretta a scontrarsi quotidianamente con pregiudizi razziali, problemi religiosi e barriere mentali. Il film si sofferma proprio sul muro culturale che è alla base della società e coinvolge tutti: con estrema facilità si etichettano gli individui con l’aggettivo “musulmano” o “cattolico”, senza considerare la mentalità del singolo e l’amore che vince ogni colore, età, nazionalità o religione.
Con intelligenza e delicatezza, Loach ci regala un lungometraggio scorrevole, piacevole e affatto didascalico, capace di affrontare temi molti seri senza retorica e senza perdere di vista il sentimento, perno intorno al quale ruota tutto l’intreccio. C’è, insomma, il giusto mix tra attualità e affettività, e lo spettatore si emoziona, patisce o si indigna in parallelo a ciò che vede sullo schermo, seguendo l’evoluzione della relazione passo dopo passo. Ogni personaggio è delineato con grande cura, per un ritratto completo e approfondito: Loach non si schiera e non parteggia, ma registra la realtà con obiettività e naturalezza, senza tralasciare pregi e difetti di nessuno. Non si ha mai la sensazione che il film voglia puntare il dito, bensì essere uno spaccato di verità su un aspetto dei nostri tempi, inevitabile e sempre più presente. Qualcuno potrebbe obiettare che questo ultimo Loach sia diventato un po’ buonista e “leggero”, ma spazio anche alla speranza e ad una soluzione non per forza tragica… E ben vengano film del genere: romantici ma non smielati, drammatici ma non pesanti, curati nei dettagli, naturali, che possono suscitare immedesimazione e parlano d’amore (sì, d’amore!) in modo così intenso.
di Francesca Palmieri